domenica 6 novembre 2011

Dell'inganno del tempo

In Europa c'è l'Inghilterra. In Inghilterra c'è Londra. A Londra c'è una "piccola" località (pari ad un trentatreesimo di Londra, ed estesa poco meno del doppio della mia non certo immensa Manerba) che si chiama Greenwich.
Greenwich è famosa perchè ci passa il meridiano zero, ed è l'origine del Tempo Terrestre. Greenwich è al centro di uno spicchio di Terra che si estende uniformemente al suo est e al suo ovest per sette gradi e mezzo in ciascuna direzione. Gradi, non chilometri: più si scende verso l'equatore più lo spicchio si allarga. I metri cambiano, ma i gradi no.
Questo spicchio di pianeta contiene il GMT, il tempo di Greenwich, il Tempo Zero; sull'equatore cade in mare, da qualche parte ad ovest di São Tomè: è qui che (nominalmente) la GMT ha la massima estensione destra-sinistra. La minima estensione è invece ai poli: 0 metri. Qui lo spicchio di GMT e il suo meridiano centrale nascono e muoiono. Se nascano a nord e muoiano a sud o viceversa, decidetelo voi.
Al di là di questo spazio di quindici gradi cominciano il passato e il futuro.

Il meridiano zero ha un dopplegänger. Un gemello cattivo che nasce e muore negli stessi luoghi, ma che passa esattamente sull'altra faccia del mondo. Il meridiano centoottanta taglia a metà lo spicchio del ventiquattresimo fuso orario, distribuendo il futuro alla sua destra e il passato alla sua sinistra: dodici ore avanti o dodici ore indietro rispetto all'ora della perfida Albione. Il centoottantesimo meridiano è la Linea del Cambiamento di Data. A Greenwich il tempo nasce. Sul suo gemello muore.

A onor del vero, la LCD e il 180° meridiano non coincidono perfettamente. Come per tutti i fusi orari le geografie politiche e fisiche hanno fato sentire il loro peso. Se una notte d'autunno un viaggiatore scendesse dal Polo Nord lungo l'antipodo del meridiano zero, camminando su profonde lastre di ghiaccio, calpesterebbe a un dato momento un brandello di terra della grande madre Russia. Si tratterebbe di un'isola, Wrangel, scoperta ufficialmente da statunitensi nel 1867 e raggiunta per la prima volta nel 1881 (in una spedizione di cui faceva parte il naturalista John Muir, videoludicamente eternato in Sam & Max hit the road). Wrangel è abitata da orsi, lemmings e uccelli; su di essa c'è una città, Ušakovskoe, la cui popolazione è composta dagli stessi animali di cui sopra. Pare che nessun pazzo voglia viverci, dopotutto. Nonostante ciò, la Linea la scansa piegando verso est, -che sarebbe poi l'estremo occidente del pianeta, a ben vedere- fino ad un punto in cui evita anche la terra dei čukči, quella che anni di Risiko ci hanno più o meno erroneamente educato a chiamare Kamchatka. Tutti amiamo la Kamchatka, e non vorremmo mai che vivesse un intero giorno indietro rispetto agli altri figli di Stalin.
Il viaggiatore d'autunno passerebbe quindi nello stretto di Bering, in mezzo a un arcipelago che -se me lo consentite- mi piacerebbe chiamare oligopelago. Sono infatti
due sole isolette, le Diomede, che sono separate da distanze siderali ben superiori a quelle rappresentate dai soli tre chilometri di Pacifico in mezzo a loro. La Diomede più grande fu sovietica, ed ora è russa, ed era un luogo di confino per militari. Come la Siberia. Oggi è dichiarata disabitata (ma Giorgio Fornoni c'è stato e dice che ci sono ancora dei disperati). La Diomede più piccola è statunitense, appartiene all'Alaska, e ci abitano un centinaio e mezzo di anime. L'arcipelago è stato quindi il punto di maggior vicinanza tra le due superpotenze ai tempi della guerra fredda, con le due isole tanto vicine da potersi vedere. La LCD passa in mezzo a loro e se il nostro ipotetico viaggiatore si gettasse dalla piccola Inaliq per farsi una nuotata fino alla grande Imaqliq scoprirebbe di essere arrivato 21 ore prima di partire. Certo, se non fosse morto assiderato nel frattempo.

Dopo Diomede la LCD torna sui suoi passi per evitare St. Lawrence e addirittura sorpassa il centoottantesimo per schivare le Aleutine più occidentali, poi torna sul meridiano. L'acqua si scalda, il viaggiatore lascia le Hawaii alla sua sinistra, le Marshall alla sua destra e procede verso l'Oceania. Che è un continente fatto d'acqua marina e poco altro, dove la terra e la roccia risaltano come punti neri sulla superficie del viso del Pacifico australe. Qui tra le isole c'è solo il nulla liquido e salato, e per la Linea si approssima il problema Kiribati.
Kiribati (che si pronuncia Kiribas, se proprio volete) è, geograficamente, la nazione più surreale del mondo. Composta da 35 atolli e un'isola divisi in tre arcipelaghi, ha meno abitanti (gilbertesi) di un qualsiasi grosso comune italiano e una superficie totale pari a un quattrocentesimo di quella italiana (ed appena 12 volte superiore a quella di San Marino). Ciononostante è dispersa su un'area talmente vasta che le isole più occidentali distano quasi 3500 chilometri da quelle più orientali. E' circa il doppio dello sviluppo latitudinale dell'Italia (Sicilia compresa). Se, tenendo gli occhi chiusi, provate a puntare uno spillo su una cartina di Kiribati, avete ben poca speranza di non pungere acqua. Anche perchè, essendo tutte atolli tranne una, un'isola gilbertese è praticamente sempre una pozza d'acqua salata con un po' di sabbia attorno.
Kiribati "contiene" il punto d'incontro dell'equatore e del meridiano 180. Parte delle isole è quindi nell'emisfero nord, parte nell'emisfero sud. Altrettanto, le stesse isole sono in parte nell'occidente e in parte nell'oriente. La LCD taglierebbe Kiribati in due, e per molto tempo l'ha effettivamente fatto. Ma se russi e statunitensi possono spostare la Linea, i gilbertesi pure, per quanto piccoli (così piccoli che ad esempio a nessuno importa se sono fra i (pochi) governi che riconoscono Taiwan e non la Cina), possono farlo a piacer loro. L'hanno quindi fatto. Il nostro viaggiator d'autunno -che durante l'attraversamento di Kiribas diventa primavera, sapete come funziona- passa quindi su acqua gilbertese ed approda su uno degli undici atolli delle Sporadi equatoriali, l'isola Caroline.
L'isola Caroline è un posto strano. Se la Linea fosse un muro, guardando a est si vedrebbe questo muro, che separa oggi da ieri (e lo si vedrebbe, stante la strana forma della linea in questi luoghi, anche guardando verso sud e verso nord). Caroline è l'estremo lembo del Tempo futuro sulla terra. Il centoottantesimo meridiano è incalcolabilmente lontano nel suo occidente, tredici volte la distanza che la separa dalla Linea e dal giorno prima. L'oriente di Caroline non contiene solo acqua (e, a distanze quasi siderali, le isole Marchesi e poi il Perù) ma anche e soprattutto il nuovo giorno che arriva. Una visione abbacinante. Il fuso orario qua è -per un bislacco gioco cronometrico- di 14 ore avanti sull'ormai dimenticato Greenwich. Howard e Baker, due minuscoli atolli statunitensi molto più a nord e molto più a ovest che sono gli unici punti al mondo con un fuso di -12 (e quindi più sepolti nel passato), hanno ventisei ore di ritardo su Caroline e le altre Sporadi. Quando per Caroline la domenica è finita, per Howard deve ancora cominciare. Tale è la bizzarra magia di Kiribati.

Dopo le Sporadi la Linea torna verso ovest (che in realtà sarebbe l'est), poi riprende a scendere. La remota Polinesia sfila qua e là: Tuvalu, Tonga e Samoa, e isolette francesi che forse oltralpe hanno anche dimenticato di possedere. Passando a rispettosa distanza dalla Nuova Zelanda, la Linea e il viaggiatore di mezza stagione si ricongiungono all'antimeridiano di Greenwich a sud dell'isola Chatam per non più lasciarlo. Ormai è tornato a far freddo. La Linea si addentra nel mare Antartico, "sfiora" l'isola Scott e penetra nel mare di Ross.
Infine il viaggiatore sbarca sull'Antartide, dove finalmente la Linea poggia su terra solida. Potrebbe divertirsi a camminare lasciando impronte nella neve a destra e sinistra del meridiano, orme impresse simultaneamente in due giorni diversi. Se ne avesse le forze potrebbe farlo per circa 800 chilometri, fino a quel particolare punto in cui la Linea si interrompe e i due gemelli Zero e Centoottanta si incontrano per morire, e nascere, e trasformarsi.

E' il Polo Sud. E qui il tempo scompare. Perchè ai ghiacci nulla importa.

mercoledì 19 ottobre 2011

Push and PoP

Per errore ho cancellato il contenuto originale di questo post. Non ricordo il testo preciso, comunque era semplicemente una segnalazione (tardiva) della pubblicazione di una conversione di Prince of Persia (quello originale del 1989) per Commodore 64.

Il link a CSDB per il download (gratuito)

Il blog dell'autore, Mr. SID, riguardo lo sviluppo del gioco.


Ad un'occhiata veloce, la conversione è riuscita veramente bene. Lo spirito del capolavoro di Mechner è ripreso splendidamente; tecnicamente è reso benissimo anche il rotoscoping, e l'unico appunto è la presenza di alcuni rallentamenti (sporadici) in fasi di corsa con cancelli che si chiudono e mattonelle traballanti. Con un C128 le cose dovrebbero migliorare. Da provare.

venerdì 2 settembre 2011

Return of the Mutant Game Designers

Benvenuti a pagina quarantasei

La soluzione del gioco del 19 agosto!



Due parole doverose su ciascuno di loro.

Dan Bunten: fondatore della seminale Ozark Softscape e ricordato soprattutto per M.U.L.E., pietra miliare nella storia del multiplayer. Cambiò sesso e divenne Danielle nel 1992. E' morta nel 1998.
David Crane: il più famoso dei quattro transfughi di Atari che fondarono l'Activision. Scrisse Pitfall e più tardi realizzò il surreale non-gioco Little Computer People. Inoltre: avete presente che alla fine di Friends (il telefilm) tra gli autori compare David Crane? Beh, non è lui.
Ralph Baer: creatore nel 1971 della prima console, l'Odyssey della Magnavox. Al momento in cui scrivo è ancora vivo e vegeto ed alle soglie dei 90. In gamba il vecchio.
Will Wright: sosia di Marco Columbro, creò prima il celeberrimo SimCity, poi tutti gli altri SimQualcosa fino ad arrivare alla serie che gli ha distrutto la reputazione e riempito il portafoglio: The Sims.
Tōru Iwatani: Pac-Man. E nient'altro, ma non è mica poco. Per la cronaca, fu il mio primo videogioco. Iwatani oggi è professore universitario.
Ed Logg: autore di Asteroids (per la paternità del quale ha litigato parecchio con un altro tizio) e di Centipede. E della versione Tengen (quella bella) del Tetris per NES.
George Broussard: artefice di Duke Nukem 3D, ma probabilmente in futuro lo ricorderemo soprattutto per l'inimmaginabile sfacelo che è riuscito a combinare con Duke Nukem Forever, rimandando l'uscita per 14 anni mentre sperperava i soldi di DN3D. Cose che capitano.
Andy Davidson: uno del Team 17. Pare sia un pazzoide. Scrisse Worms prima di litigare con tutti ed andarsene.
Hideo Kojima: sinonimo di Metal Gear Solid, fra le altre cose ha messo mano a un Castlevania. Mi piace la sua aria da maniaco omicida psicopatico bipolare.
Jez San: fondatore della Argonaut Software. Creò il chip Super FX che permise di scrivere Starfox e Vortex su SNES. Non avete mai sentito parlare di Vortex? Non vi siete persi niente.
John Carmack: l'uomo-iD. Commander Keen, Catacomb, Doom, Quake, tutto il resto. Fino a Doom 4 e oltre. Il primo uomo a creare routine per avere uno scrolling decente su architetture x86.
Sid Meier: il nome di Meier è indissolubilmente legato alla serie di strategici a turni Civilization. Ma prima c'è stato anche Pirates!, che molti considerano il miglior gioco per C64. E poi anche tanta altra roba.
John Romero: Romero crede di somigliare a Pac-Man, ma non è vero (è più brutto). Cominciò facendo un casino di giochi per Apple II con nomi di due parole ciascuna con la stessa iniziale, poi si legò a Carmack alla iD (vedi su), indi se ne andò e si suicidò creando Daikatana. Nota: non è il Romero degli zombi.
Nolan Bushnell: il Sommo. Il primo uomo che capì che con i videogiochi si sarebbero potuti fare soldi veri, diventando bene o male il creatore della relativa industria. Fondò la Atari nel 1972, e le cose non sarebbero mai più state le stesse.
Howard Scott Warshaw: ha scritto giochi carini per l'Atari VCS 2600 (tra cui Yars' revenge) prima di ideare il tie-in di E.T., una delle più COLOSSALI CATASTROFI DELLA STORIA DEI VIDEOGAME! Non è stata tutta colpa sua però.
Ron Gilbert: The secret of Monkey Island e MI2: LeChuck's revenge basterebbero e avanzerebbero per assegnargli un posto in paradiso. Ma ci sono stati anche Zak McKraken, Maniac mansion...
Aleksej Pajitnov:
Алексей Пажитнов per gli amici, è il russo che, con un paio di colleghi, progettò Tetris, il primo gioco che è anche una droga pesante. Ed anche il primo gioco ad essere piaciuto alle ragazze. Giocare troppo a Tetris spinge a gettare i sassi dai cavalcavia. Lo sapevate? No? Siete brutte persone.
David Braben: ricordato universalmente come autore di Elite e seguiti, produsse anche il poligonoso Zarch/Virus (titolo che fu tra le cause della prematura morte dell'Acorn Archimedes).
Steve Russell: tra i pionieri del videogioco, nel 1962 scrisse Spacewar!, dando stura al fancazzismo universitario che perdura tuttora.
Archer MacLean: programmatore dei due IK, forse i più apprezzati picchiaduro su biscottone. Mi dicono abbia fatto anche giochi di biliardo.
Jordan Mechner: ideatore della saga di Prince of Persia, lo si ricorda anche per il precedente Karateka e il più recente Last Express. Introdusse (con Karateka) il rotoscoping nel videogioco.
Dino Dini: meno italiano di quanto il nome suggerisca, Dini ha legato la sua fama ai giochi di calcio, particolarmente Kick Off. Calcio d'angalo, Cartellino gaillo, presente?
Steve Purcell: fumettista statunitense, inventò i personaggi di Sam e soprattutto Max, che poi finirono in un gioco della Lucasarts di cui al momento mi sfugge il titolo.
Geoff Crammond: nell'immagine ho indicato F1 grand prix, che è la serie per cui è più noto, ma chi ha seguito un po' questo bleurg sa bene che personalmente penso sia The Sentinel l'inarrivabile capolavoro di Crammond. A parte la sentinella, Geoff si è sempre occupato solo di motori più (F1GP, Revs) o meno (Stunt Car Racer) canonici.
William Higinbotham: nel 1958 creò Tennis for two con un oscilloscopio. Qualcuno lo ritiene l'inventore de facto del videogioco. Per anni l'ho pensato anch'io, ma si sa che il passato può cambiare. Higinbotham fu uno dei numerosi collaboratori al progetto di Los Alamos (bombe atomiche, presente?): vide scoppiare la prima bomba atomica, e ne fu così impressionato da dedicare il resto della vita a promuovere iniziative contro la diffusione di tale folle oggetto. E' morto nel 1994.
Eric Chahi: il suo capolavoro è Another World, uno dei videogiochi più atmosferici di sempre; sepolto nel suo passato va però ricordato anche Infernal Runner, il gioco preferito dal marchese De Sade.
Peter nonmiricordomaicomesiscriveilcognome: da sempre figura controversa del panorama videoludico mondiale (porcaputtana se scrivo bene, oh, sembro un giornalista serio). Popolare soprattutto per il suo periodo in Bullfrog: Populous, Syndicate, Magic Carpet.
Allan Alcorn: tra i primissimi impiegati di Atari, Alcorn "tradusse" in hardware un'idea di Bushnell e realizzò Pong, il primo videogioco della grande A e iniziatore dell'era dei coin-op.
Manfred Trenz: tedescone che lavorò nella famigerata Rainbow Arts, dove oltre al celeberrimo Turrican creò anche Katakis e Great Giana Sister, attirandosi denunce di plagio da parte di Nintendo e soci. E' uno che lo conosceva bene, il C64.
Dave Theurer: uomo della grande Atari, oltre a Tempest produsse l'inquietante Missile Command, oltre allo sfortunato I, Robot, il primo gioco con grafica poligonale (o uno dei primi).
Toby Gard: ideò la serie di Tomb Raider, ma si oppose all'ingrandire troppo le tette della Croft. Aveva le sue ragioni.
Richard Garriott: personaggio assurdo maniacalmente fissato col medioevo (e talmente ricco da potersi permettere di far finta di viverci), è universalmente ricordato per i 5934 giochi della serie di Ultima. Fondò la Origin. Ad un certo punto della sua vita è stato nello spazio.
Yu Suzuki: alla Sega ha dato tanto: Out-Run, Hang-On, Space Harrier, e in tempi più recenti Shenmue. Ricordo quando giocavo a Space Harrier 3D sul SMS da un amico senza occhiali appositi. Bei tempi per gli oculisti.
Eugene Jarvis: oltre che per Defender, è ricordato anche per Robotron: 2084, gioco che si controllava con una leva per ogni mano (lol). Creò anche del flipper.
Matthew Smith: strampalato inglese che molti avrebbero voluto morto dopo soli cinque minuti di gioco a Manic Miner o Jet Set Willy.
Yuji Naka: uomo Sega di punta per anni, è stato responsabile dell'ideazione del personaggio di Sonic the hedgehog e relativa saga. E poco altro, ma direi che è già più che abbastanza.
Jeff Minter: personaggio di spicco nel mondo del videogioco, lo Yak non è mai uscito dagli anni '70. La sua fama è legata soprattutto ai cammelli, ed i suoi giochi sembrano generalmente progettati per essere utilizzati sotto LSD. Obbligatoria nella vita almeno una partita ad Iridis Alpha.
Ed Boon: padre della serie dei Mortal Kombat, e di fatto si è occupato solo di quello.
Jaron Lanier: uno che farebbe una bella coppia con Minter. In realtà a livello di giochi ha prodotto poco e si è dedicato soprattutto a studi sulla realtà virtuale.
Don Priestley: programmatore e insegnante di matematica inglese (lui inglese, non la matematica), dopo un passato sullo ZX81 è assurto a gloria per essere stato il primo programmatore di Spectrum a fare giochi senza colour clash. Giù il cappello.
Shigeru Miyamoto: sinonimo di "Nintendo". Pensate ad un gioco di successo della grande N e probabilmente c'è Miyamoto dietro. I Mario? Sì. Gli Zelda? Esatto. Donkey Kong? Certo. F-Zero? Come no. Vogliamo andare avanti tutta la sera?
Andrew Braybrook: molti possessori di C64 lo ricordano con affetto. Paradroid, Uridium, Morpheus.
Tomohiro Nishikado: il primo giapponese a sfondare nel campo. Oltre a Space Invaders si occupò anche di Gun Fight. Preistoria seria.
Tom Hall: vedi Carmack e Romero. Hall litigò con Carmack dopo il rilascio di Wolf3D così non godette dei benefici di Doom e Quake. Dopo RotT si è occupato un po' di DN3D per poi riunirsi a Romero.
Mike Singleton: geniale programmatore inglese legato soprattutto allo Spectrum. Il suo Lords of Midnight è tuttora giocato da molti. Oltre a LotM lo si ricorda anche per Midwinter.
Jon Hare: fondatore con Chris Yates della Sensible Software, è noto soprattutto per Cannon Fodder, Sensible Soccer e Wizball. "Suonò" in un memorabile concerto con i Press Play on Tape. Indimenticabile il suo faccione nell'intro della versione AmigaCD32 di Cannon Fodder. WAR HAS NEVER BEEN SO MUCH FUN!
American McGee: il programmatore col nome più idiota dell'universo (ma non è colpa sua), partecipò
anche alla realizzazione di Quake. Più di recente ha messo il suo nome nel titolo di un gioco dedicato ad Alice (quella del paese delle meraviglie, sì).
Roberta Williams: è l'unica donna qui citata purtroppo (merce rara. No, Bunten non conta. Stavo per inserire anche Anita Sinclair, ma in realtà non era una game designer). Da sempre impegnata nelle avventure, tra i suoi titoli ricordiamo anche il tranquillissimo Phantasmagoria.
Tim Schafer: in termini di ciò che ha sfornato alla LucasArts è probabilmente secondo solo a Gilbert. Non solo Day of the tentacle ma anche Full Throttle, oltre che la prima avventura in 3D della LA, Grim fandango.
Will Crowther: da non confondere con Tony Crowther, Will oltre che programmatore è anche un appassionato di speleologia. Colossal cave adventure è la summa delle due cose.
Peter Liepa: con Chris Gray è ricordato come autore dell'iperclassico Boulderdash, ma nei fatti sembra che Gray abbia fornito solo un abbozzo dell'idea di base e che tutto il resto sia venuto da Liepa. Che in campo ludico non ha prodotto nient'altro (a differenza di Gray), ma del resto BD è oro.
Steve Jobs: come se ci fosse qualcuno che non lo conosca. Fondatore della Apple e iniziatore di tutto quel che ne è venuto, agli inizi Jobs fu impiegato Atari. Breakout (il nonno di Arkanoid) è in realtà un'idea di Bushnell sviluppata perlopiù da Wozniak (amico di Steve). Chi ci ha fatto i soldi in fin dei conti è però Jobs. Mica scemo.
Al Lowe: ideatore della saga pornocomica di Larry, ispirata da Softporn Adventure. Si è occupato anche di King's Quest e Police Quest. Oggi è in pensione.
David Perry: spilungone irlandese, fondò la Shiny Entertainment e divenne famoso col surreale platform Earthworm Jim. Seguirono MDK e Messiah.
Don Bluth: non realmente un game designer, certamente non un programmatore, nondimeno un posto qui per certi versi lo meritava. Bluth è un'ex-animatore Disney e si è occupato di realizzare la grafica del lasergame Dragon's Lair, all'epoca totalmente fuori parametro per la grafica. Come gioco in sè era invece penoso, ma Bluth non ne aveva colpa.

sabato 20 agosto 2011

Attack of the Mutant Game Designers

Quanti ne riconoscete?

Cliccate sull'immagine per ingrandirla. La soluzione apparirà non appena mi verrà voglia.


martedì 16 agosto 2011

Cry Baby Lane (brivido, terrore, raccapriccio, e ci metta anche un po'di panna)

Cry Baby Lane è, era, è un film statunitense. Un TV-movie horror per preadolescenti, per la precisione, diretto (e scritto) nel 2000 dal famosissimo -eccome no- Peter Lauer ed interpretato perlopiù da sconosciuti ragazzini sui 15 anni; unico nome di spicco nel cast è quello di Frank Langella (forse più noto negli States che qua, comunque è stato anche candidato agli Oscar un paio d'anni fa). Insomma, un lavoro non esaltante. E allora perchè ne parlo? Beh, c'è una storia bizzarra dietro. Che merita di essere raccontata.

CBL fino a meno di una settimana fa appariva nella Wikipedia inglese nella pagina List of lost films. Cos'è un film perduto? E' un film che in un certo momento della storia è esistito, e poi è scomparso nel nulla. Sparito probabilmente per sempre. Registi, attori, tecnici delle luci che hanno speso sforzi e tempo per intrattenere il pubblico e che vedono il loro lavoro gettato al vento. I film andati persi sono moltissimi, la produzione cinematografica dei primi decenni è letteralmente falcidiata da casi di pellicole scomparse. I motivi sono molteplici: supporti deteriorabilissimi ed infiammabili, magazzini che avevano la sgradevole tendenza ad andare a fuoco (le misure di sicurezza del 1920, per dire, non erano certo come le attuali), duplicabilità delle copie decisamente più difficile di oggi. Negli anni sono migliorate molto non solo le tecniche cinematografiche ma anche quelle di conservazione del materiale, e dalla fine degli anni '70 l'esplosione del fenomeno VHS ha comportato la possibilità di registrazione dei film pure all'uomo della strada. Dalla seconda metà del XX secolo il numero di film perduti che abbiano goduto di una seppur minima diffusione si assottiglia fino a scomparire del tutto. O a ridursi a casi limite.

Che una produzione del 2000 vada persa è quindi francamente sconcertante. Soprattutto perchè alle spalle di CBL c'è il colosso Nickelodeon (quella dei Rugrats! Ricordate? No? Meglio), non il mio idraulico. La Nick chiese a Lauer di girare una pellicola moderatamente spaventosa per ragazzini; cosa che era già stata sperimentata e sulla quale evidentemente si poteva lucrare. Lauer (regista televisivo che nel suo curriculum ha varie puntate di Scrubs, Arrested development e altre cosucce del genere) adattò una storia diffusa dalle sue parti -un qualche posto dell'Ohio- concernente una casa abbandonata in cui di notte si sentiva il pianto di un bambino. Una di quelle storie che i campeggiatori si raccontano la notte attorno al fuoco - scena che i filmmaker USA ci hanno riproposto allo sfinimento. Il film si girò in 20 giorni e Nickelodeon lo trasmise il 28 ottobre 2000. Il giorno dopo parecchi genitori infuriati protestarono con la Nick. All'apparenza Lauer era andato un po' troppo oltre, e i marmocchi dodici/undici/decenni che si erano visti il film avevano probabilmente avuto picchi eccessivi di insonnia, incubi, enuresi notturna, cose così. La Nick si inquietò non poco e decise di non trasmetterlo mai più. E di non rilasciarlo in VHS/DVD nè di farci altro marketing sopra. Giunse infine al punto di negare perfino la sua stessa esistenza.
Il terzo punto suona ridicolo? A me pare di sì. Eppure le cose sembrano essere andate proprio in questo modo. Parecchi ragazzini che avevano visto il film nella sua unica trasmissione hanno, anni dopo, cercato di recuperarne una copia, trovandosi di fronte ad un muro di gomma. Niente repliche in TV, niente DVD da Blockbuster, non una parola da Nickelodeon. Nell'epoca di internet nè Youtube nè il mulo nè i torrent vengono in aiuto. CBL pare non esistere se non nel ricordo di (relativamente) pochi individui, ed assurge al rango di leggenda urbana; leggenda urbana che però non è, perchè il film è sicuramente esistito. Dopo dieci anni si è ormai al punto di considerarlo perduto: mai nessuna immagine è saltata fuori da nessun angolo del globo, e si dubita fortemente che persino attori, registi e la Nickelodeon stessa conservino almeno una copia di Cry Baby Lane. Succede però (ed è ormai il luglio 2010) qualcosa di strano, ovvero una clip di 3 minuti appare su Youtube. Nessuno ne conosce l'origine, ovvero se provenga da una videocassetta con l'intera pellicola; nonostante varie richieste nei commenti, l'uppatore del video (che pure non è un fantasma, ma un utente attivo che tuttora posta roba (ma non troppo interessante)) non fornisce alcuna risposta. Per oltre un anno questo frammento di 220 secondi resta il solo vestigio di CBL. Degli altri 70 minuti nessuna traccia.

Tutto è bene quel che finisce e basta. Verso la fine di luglio scopro per la prima volta la storia di Cry Baby Lane, giusto in tempo per potermi gustare in tempo reale di quel che è avvenuto poco dopo. Il 10 agosto 2011 infatti sul sito statunitense Reddit (una sorta di newsgroup) nasce una discussione su CBL ed uno degli utenti annuncia incidentalmente di averne una copia registrata. Si scatena il delirio: in capo a qualche ora l'utente posta un fotogramma per provare che non bluffa (fotogramma, nel momento in cui scrivo, presente nella pagina wiki del film: non era contenuto nel famoso filmato di tre minuti di cui sopra e non si era mai visto prima in internet nè altrove, quindi è sicuramente probatorio). Il 14 agosto, dopo quasi 11 anni, finalmente l'intero film viene portato alla luce su Youtube, e se volete potete cercarlo e goderne. Ovviamente Cry Baby Lane si rivela quel che è: un lavoro di seconda fascia senza particolari pretese e diretto a un audience dal palato ancora morbido. In sè non è un prodotto sul quale valga la pena spendere troppo tempo; ricordiamolo solo per le sue disavventure.

Giusto una breve precisazione finale: nella pagina di Wikipedia destinata ai film persi e poi ritrovati di CBL non c'è traccia. Era stato inzialmente aggiunto, ma i mod l'hanno rimosso perchè -e non gli si può dar torto- non ci sono effettive prove che il film fosse realmente perduto: Nickelodeon non ha mai detto esplicitamente che non ce n'erano più copie nei loro archivi, ed appare fortemente illogico che un grosso produttore si sbarazzi a cuor leggero di un prodotto. Però è un peccato che CBL non stia in una pagina che avrebbe meritato se non altro in modo onorario. Spero che alla fine si faccia uno strappo: confido nella bontà della corte.

mercoledì 3 agosto 2011

martedì 19 luglio 2011

sabato 16 luglio 2011

L'importanza di masticare acidi

(Avevo "promesso" questa sorta di recensione mesi e mesi fa, ma non l'avevo mai postata - e nemmeno terminata per bene. In crisi d'idee nera e in procinto di arrivare in fondo al mese senza aver pubblicato un straccio di cagata, ho ripescato il .txt (datato nientemeno che 19/01/11) e deciso di sbatterlo qui. E senza neanche rileggerlo e correggerlo. E amen.)



La Nuova Zelanda è nota per diverse cose. Innanzitutto il rugby. Poi i maori. Poi le pecore. Poi la pizza all'ananas. Tutto questo non ci interessa.
Molto indietro nella lista vengono i videogiochi per Amiga. E' pressapoco da quei bassifondi che arriva Skidmarks, un gioco di guida in visuale isometrica che si inserisce nel solco tracciato da tempo da giochi come Super OffRoad (a sua volta ispirato a Super Sprint, su su fino agli albori del videogame) e, ancora più da vicino, R.C. Pro AM (considerato una killer application per il venerabile NES 8 bit). Super OffRoad mi ha sempre fatto sostanzialmente schifo: ci ho giocato anni fa su SNES, l'ho riprovato recentemente per rinfrescarmi la memoria. Non mi dice un cazzo. E Skidmarks?

La serie Skidmarks appare sul mercato nel 1993, solo per Amiga, scritto in Blitz Basic dalla Acid, softhouse formata da valente gruppo di neozelandesi (tra i quali il nome più di spicco è quello di Mark Sibly, che non collaborò direttamente al gioco ma programmò il linguaggio con cui è stato scritto -il Blitz Basic- e più tardi si dedicherà a Gloom, uno dei principali FPS per Amiga e di cui parlai vagamente secoli fa). Per lo sfortunato computer statunitense il declino non era ancora evidente -non era ancora nemmeno fallita la Commodore- ma era già iniziato, e Skidmarks non otterrà mai grandissima fama. Di per sè, SM è, come dicevo più su, un driving game in prospettiva isometrica, ovvero di quelli con inquadratura fissa dall'esterno del veicolo posta in diagonale leggermente dall'alto, cioè, isometrico dai, capitemi. C'è la nostra vettura in una pista (molto corta, come praticamente in tutti i giochi di questo tipo: ripensate a
Super OffRoad, che aveva piste che stavano tutte in un singolo schermo), ci sono gli avversari (fino a sette), si parte, si fanno tot giri, si arriva. Lo stile è arcade che di più non si può. SM, rispetto a Super OffRoad e R.C., punta totalmente all'essenzialità: dove i titoli Virgin e Rare contenevano bonus come turbo, potenziamenti a motore e gomme e (in R.C.) persino armi per rallentare gli avversari, il gioco Acid risponde con una meccanica di gioco che prevede TRE tasti TRE: destra-sinistra-accelera (anche se, data la prospettiva, viene più corretto parlare di gira in senso orario-gira in senso antiorario-accelera) (ci sarebbero altri due tasti: il praticamente inutile freno/retromarcia e l'assolutamente inutile clacson. Bello). Niente accelerazioni, potenziamenti, trabocchetti, bonus di sorta. Le piste stesse, che in Super OffRoad sono strapiene di dune e fossati e in R.C. presentano macchie d'olio e pozzanghere, in Skidmarks presentano solo qualche sobbalzo e sparute rampe; la caratteristica sadica dei percorsi di SM è in effetti la ricorsiva presenza degli incroci, che rendono a volte complesso capire dove andare e che danno stura a situazioni in cui gli apripista e i ritardatari sbattono perpendicolarmente dando origine a maxitamponamenti - non che sia grave: stante la natura arcade del gioco i danni non esistono, si perde solo tempo.

Che gli Acid abbiano calcato la mano sulla ricerca del divertimento puro è evidente, e c'è da dire che ci sono riusciti. Sin dal principio, e a ragione, Skidmarks ha raggiunto un piccolo stato di culto su piattaforma C=, grazie a vari elementi. Innanzitutto l'immediatezza del gioco: non c'è un singolo parametro da calibrare, semplicemente si sceglie la vettura, il suo colore, la pista, e via; il gameplay poi è ben fatto, è tutto velocissimo ma mai frustrante, e la curva di apprendimento è cortissima. Altro elemento, la demenza intrinseca del gioco; già nel primo SM oltre a sette vetture più o meno "canoniche" (porsche, F1, kart, camion...) apparivano le mucche, destinate a diventare un tratto distintivo della serie, e i caravan (che non si guidano, ma possono essere attaccati alle vetture). Dall'episodio seguente -Super Skidmarks- la scelta diventa surreale, mettendo a disposizione una caterva di fuffa che va dagli elicotteri al Millennium Falcon, ai water, agli X-wing, alle moto, agli aerei, agli sciatori, ai pullman, alle signore col carrello della spesa... e ogni concorrente può usare quello che gli pare, fino quindi a otto diversi "mezzi", disponibili in sedici diversi colori. Altro elemento essenziale di SM è il multiplayer, che non ho purtroppo potuto provare ma che suppongo sia di fatto il vero cuore del gioco, e che è permesso sia via modem sia, come ai vecchi tempi dei videogiochi socializzatori, in più persone a casa di un fortunato possessore, sullo stesso Amiga -in split screen- o con due computer linkati e due monitor. Infine, il gioco è espandibile da chiunque sia nei mezzi che nelle piste.

La serie Skidmarks comprende il capostipite, il successore Super Skidmarks -che ha un data disk- e Ultimate Super Skidmarks (su CD). Tra il primo e il secondo cambiano poche cose: le piste, la colorazione delle vetture (vedi dopo) e il numero di modelli. Tra SuperSM e USSM non cambia di fatto nulla: USSM contiene 4 versioni di SuperSM tutte uguali se non per gli effetti sonori, qualche veicolo e qualche pista in più (24 in tutto).
L'unico episodio esistente fuori dall'ambito Amiga è Super Skidmarks per Mega Drive, che però è parecchio diverso dall'omonimo su Amy: sei macchine (e non otto), meno piste, solo modalità campionato e in generale tutto è un po' meno divertente e in qualche modo mi ricorda Super OffRoad.

Graficamente gli SM sono semplici ma ben fatti, in particolare il primo. In SuperSM c'è un degrado nella qualità degli sprite delle automobili, tutte retinate di nero; probabilmente c'è qualche giustificazione tecnica, ma sicuramente l'effetto non è dei migliori. Scrolling e animazioni sono fluidi, e l'unica vera pecca del lato visivo è che, a causa della prospettiva isometrica e del colore delle piste, nei tratti di tracciato in direzione nord-sud eventuali gobbe sono praticamente invisibili, cosa che può dare problemi nel calcolo delle traiettorie. SM parte nativamente in bassa risoluzione, ma supporta l'alta: in questa modalità si vede una maggior porzione di pista (vantaggio), ma gli sprite sono più piccoli, con calo di buona parte dell'immersione (pare Super OffRoad) e -in SuperSM- peggioramento della situazione del colore delle vetture (svantaggio). Il sonoro è quel che è, nulla di rilevante.

giovedì 2 giugno 2011

Non stalkerate il conducente

Una cosa che ho imparato andando a scuola, e intendo andandoci fisicamente prendendo il pullman per buona parte dei giorni della mia vita tra la metà dei '90 e il primo quarto degli '00, è che sul bus il posto dietro all'autista è riservato ai mutilati e invalidi di guerra e del lavoro.
Dichiarato solennemente da un'iscrizione incisa a onta del tempo su una targhetta apposta sulla parete accanto al sedile in questione.
Il concetto mi ha sempre lasciato perplesso. Di fondo c'è un'evidente moto di rispetto nei confronti di questi sventurati uomini e donne (rispetto che spero non sia stato provocato da esplicite richieste in tribunale da parte dei mutilati): giustissimo. Però.
Ammettiamo che salga un mutilato o invalido di guerra o del lavoro (d'ora in poi moidgodl):
- il pullman potrebbe essere completamente vuoto. Il moidgodl dovrà comunque sedersi al posto a lui riservato, che non è il più facilmente raggiungibile e in più gli impedirebbe di chiacchierare comodamente con il conducente (col quale non si dovrebbe parlare, ok, ma perchè il moidgodl dovrebbe avere meno agevolazioni degli altri nell'infrangere la legge?)?
- potrebbero esserci alcuni posti liberi, ma non quello riservato, occupato da un non-moidgodl irrispettoso. Magari c'è un posto comunque comodamente raggiungibile libero, il non-moidgodl dovrà comunque alzarsi per cedere il posto al moidgodl?
- il pullman potrebbe essere completamente pieno, senza posti liberi. Qui mi chiedo: ok, se sale uno che palesemente soffrirebbe di un viaggio in bus in piedi, c'è proprio bisogno di una targhetta che obblighi i più fortunati a cedergli il posto? Posto che, tra l'altro, non è nemmeno il più comodo da raggiungere, in genere.
- i mutilati e invalidi che sono mutilati e invalidi non per via di guerre o lavori ma perchè magari stavano facendo una passeggiata e un eroinomane strafatto e avvinazzato li ha investiti hanno meno diritti?
- se sale un moidgodl e il posto è già occupato da un altro moidgodl, dovranno affrontarsi in una lotta all'ultimo sangue per decidere chi si becca il posto?
- come verrebbe decisa la modalità di scontro?
- i mutilati di guerra hanno la priorità sui mutilati del lavoro, o viceversa, o sono tutti uguali?
La situazione più surreale:
- sale un individuo sano. Nessun moidgodl in vista. Pullman completamente pieno tranne il posto riservato ai moidgodl. L'individuo sano cosa dovrebbe fare, restare in piedi per tenere libero un posto a cui non avrebbe diritto, a beneficio di, beh, nessuno? Forse sì. Si farà il viaggio in piedi guardando bramoso il posto vuoto, finchè una brusca frenata lo farà cadere provocandogli, se è sfortunato, invalidità. Che, ironia della sorte, non essendo provocata da guerra o lavoro, gli impedirà di sedersi al posto riservato ai mutilati e invalidi di guerra e del lavoro.
La vita è una sòla.

sabato 30 aprile 2011

Superheroines I'd like to fuck

Qualche anno fa scrissi un intervento in cui elencavo quali fossero le bellezze da videogame con le quali mi sarebbe piaciuto avere un congresso sessuale. Ritengo sia ora possibile fare uno sforzo simile e indicare quali sono le quattro supereroine dei comics statunitensi che mi piacerebbe fottere.
Solo quattro perchè non è che sia un gran conoscitore di comics. Ma bastano.

4. Aspen Matthews (Fathom)
Creata da Michael Turner nel 1998, Matthews è la protagonista di Fathom. E' una biologa marina, le sue origini sono sconosciute e i suoi superpoteri sono collegati all'acqua (tipo che può manipolarla, può respirare in mare e cose così). Siccome non ho mai letto una singola pagina di Fathom, non so dire nulla di più, ma tanto lo scopo del post sta nel notificare che Aspen è una gran bella foca, quindi amen.

3. Elissa Megan Powers (Empowered)
Empowered è un "manga statunitense" di cui l'unico responsabile è Adam Warren. Protagonista del fumetto è Elissa, nota col nome di battaglia Empowered (per gli amici Emp), superoina imbranatissima e del tutto priva di autostima. I suoi superpoteri derivano dalla tuta che indossa, un affare di lattice iperaderente che le conferisce superforza, supervelocità e tante altre cosette; punto debole di questa tuta è che è assai fragile, e più si lacera (lasciando sempre più pelle di Emp esposta) meno i suoi poteri funzionano. Empowered è un fumetto demenziale, disegnato con uno stile piuttosto... mah... "mangoso". Ed è molto godibile. Nel disegno di Emp l'unica cosa che posso realmente rimproverare a Warren sono i labbroni (cosa che proprio non sopporto). Per il resto, bene così.

2. Sara Pezzini (Witchblade)
Su Witchblade e Sara Pezzini posso dire persino meno che su Aspen Matthews. Le tre cose che so sono che il disegnatore alle sue spalle è stato per anni lo stesso Turner, che la Pezzini è una poliziotta di Niù Iorc e che valeva la pena citarla qua.

1. Caitlin Fairchild (Gen¹³)
A mia modesta opinione, la più colossale strafiga del fumetto supereroistico, almeno finchè l'ha disegnata il suo creatore, J. Scott Campbell (
i Gen¹³ sono passati per parecchie -troppe- mani; altri che hanno fatto un discreto lavoro sono stati magari Benes e Rio). I Gen¹³ sono un gruppo di cinque supereroi teenager capeggiati da un più anziano mentore (proveniente da un altro fumetto collegato... una storia un po' complessa). I loro poteri provengono da particolari modifiche genetiche e si sono manifestati attorno ai 16 anni. Quelli di  Fairchild derivano da un anomalo ipersviluppo muscolare (comunque ad occhio non troppo visibile): superforza in primis, ma anche velocità e resistenza aumentate. In più è parecchio intelligente, ma questo lo era già prima. Effetti collaterali dell'attivazione del potere, che si manifesta improvvisamente, sono l'aumento dell'altezza di Caitlin di circa 30 centimetri (!) portandola a un totale di 1,95 metri (!!), un paio di taglie in più di reggiseno (!!!) e un aumento della muscolatura che la trasforma da mingherlina ad amazzone. Insomma: una roscia con gambe chilometriche, tette granitiche, fisico da atleta olimpica, occhioni tanto verdi da perforare l'acciaio, e una capa tanta. Realismo a colazione, ma che ci volete fare: se pure siamo nel campo della fantasia, temo di essermi innamorato.

domenica 23 gennaio 2011

martedì 18 gennaio 2011

In una cella di Excel

José Luis Lanzafame, che era nato nessuno sapeva più quando in una casa sperduta nell'Argentina occidentale, vicino al confine boliviano, sapeva creare storie dal nulla in qualsiasi situazione si trovasse. Nelle pause del lavoro in ufficio -pause che si prendeva più spesso di quanto fosse lecito- spesso gli capitava di lasciare che le dita si facessero i casi loro scivolando sul labirinto alfabetico della tastiera, mentre una parte della mente correva fuori dalla finestra in direzione del sole sognando di non dover essere costretta, prima o poi, a tornare dentro.

domenica 9 gennaio 2011

Ho usato un solo tasto

Mi piacerebbe nel prossimo futuro tornare a parlare di videogiochi, visto che non affronto più l'argomento da un bel po' e la cosa mi spiace (titoli bislacchi da recensire ne ho da parte a bizzeffe). In attesa, beccatevi una simpatica immagine del titolo che sto giocando ultimamente e di cui forse vi parlerò -un driving game- e cercate di capire che cosa sono quelle cose colorate che vedete in mezzo alla pista.