martedì 23 dicembre 2014

Non avere più scuse

Edimburgo suona come una parola aliena, saporita, fugace, ansiosa. Vista da fuori è una città come tutte le altre città, sfocate diapositive bidimensionali che puoi osservare su internet mentre sorseggi qualcosa in santa pace e ti dici "Sì, beh, 'nzomma? Queste sono solo foto". Dicono ci sia vento "ma quello c'è anche a Catanzaro". Ma Catanzaro non è in Scozia (vantaggio: Edimburgo), anche se ha due mari mentre Edimuburgo uno solo (vantaggio: Catanzaro). Edimburgo in inglese si dice Edinburgh, col gruppo nb che in italiano è vietato e già questo dovrebbe insospettire ogni visitatore. L'Edimburgo di Connery e Scott, della Manson e di Welsh. Lo stemma turrito, le ore di buio, quieta Edimburgo, sconosciuta Edimburgo. Edimburgo che raccoglie i sogni dell'opossum incerto e le sue fughe provvisorie da un domani vacuo.

domenica 21 dicembre 2014

Queste storie che non


Correva l'anno 199qualcosa -avrò avuto sui 15 anni, toh- quando mi capitò di vedere su Italia7 buona parte di un film inquietantissimo, una sorta di horror che descriverò più avanti. Non riuscii a vederlo tutto e mi rimase per un paio di lustri la curiosità di sapere che film fosse e come andasse a finire. Fu solo nel 2007 che, abbastanza casualmente, scoprii titolo e natura del "coso". Trattavasi di un episodio di una serie nota -in Italia- come L'ora del mistero; prodotta nel 1984 dall'inglese Hammer Film Productions, storica casa di produzione nota attorno a metà secolo per i suoi celeberrimi horror gotici, la serie si intitolava originariamente Hammer House of Mystery and Suspense, ed era composta da 13 episodi, importati da noi dalla Rai e da questa trasmessi al termine degli anni '80. La serie finì poi nel circuito delle TV locali: fu qui che vidi quello che finalmente scoprii chiamarsi Un gioco da bambini (Child's play), ovvero il film di cui parlavo all'inizio.

Un uomo, una donna e una bambina di circa cinque anni si trovano in una casa: trattasi della famiglia Preston, una famiglia assolutamente normale, e la casa è la loro, e pure questa è assolutamente normale. Epperò un giorno i tre si svegliano e scoprono di non poter più uscire di casa: davanti a tutte le porte e tutte le finestre è comparso uno strano muro completamente indistruttibile. Ogni tentativo di abbatterlo è inutile, anche schiantarci contro l'auto non serve. Scavare un tunnel che passi sotto il pavimento è altrettanto vano: il muro è anche sotto la casa. Fa sempre più caldo e uno strano blob cola nella cucina. Cosa sta succedendo a casa Preston? Per settanta minuti la famigliola cercherà di scoprirlo senza approdare a nulla, e man mano che il tempo passa il terrore per il proprio fato si fa strada nelle loro coscienze.

Oso svelare il finale di un misconosciuto film vecchio di trent'anni? Vada per. I tre Preston (tra cui c'è la bella attrice Mary Crosby, nota principalmente per aver interpretato la donna che sparò a J.R. Ewing... se non sapete di che parlo, beati voi), i Preston -dicevo- non sono altro che tre bamboline in una casa di bambole, appartenente a una bambina del futuro. Il blob è una caramella sciolta che la bambina vera aveva lasciato sulla casa. Tutto qua, tre fantocci rinchiusi nella loro esistenza di fantocci.

Nella mia patetica esperienza di esploratore urbano punto un giorno ad entrare in una casa che in effetti ho già esplorato una ventina d'anni fa, quando aveva già alle spalle qualche anno d'abbandono. Questa casa venne poi ristrutturata e riabitata, ma oggi è di nuovo orfana. Difficile dire se e come entrare. Tutte le volte che ci passo davanti, comunque, per qualche strano processo mentale non posso fare a meno di pensare a Child's play e sentirmi un po' inquieto guardandola, come se nascondesse chissà quale segreta, e malvagia, natura. Chi può dire se anche la realtà non possieda una quarta parete?



domenica 7 dicembre 2014

Cose che capitano

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Ho visto sempre Opo come una sorta di essere mitologico.
Senza offesa.
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- Rot Teufel, spammer vichingio.

martedì 2 dicembre 2014

A loucura

Sul comodino accanto a lei, nel buio, giaceva un lungo coltello da macellaio, che nelle ore di luce affilava e lucidava con cadenza ossessiva. Il tenerlo sempre vicino era un’abitudine che aveva preso da anni, ma non l’aveva mai usato. La notte la trascorreva quasi tutta sveglia, con gli occhi sbarrati e i tendini tesi, le orecchie bene aperte, le ossa pronte a scattare verso l’arma. Il silenzio e il buio per compagni, seduta nel letto fissava il vuoto per ore, in attese sempre vane di un pericolo che forse non sarebbe arrivato mai. Aspettava. Solo con l’apparire dei primi bagliori dell’alba sentiva venir meno ogni forza, e crollava in breve sonno gravido d’incubi, mentre già cresceva in lei il timore della prossima notte.

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