giovedì 17 maggio 2007

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La vasta distesa grigia della città si stendeva davanti ai miei occhi assonnati dalla vetrata dell'ascensore, aggrappato al 124° piano con una tela di ragno (o un cordone d'acciaio, chissà) e intento nella sua rapida e quieta discesa. Ore 6 del mattino - 5:59, stando al cellulare -, un sonno denso e maligno addosso, la luce dell'alba tutto attorno e io che me ne andavo per sempre da casa. Senza bagaglio, se non quello che indossavo e le poche cose in tasca; nell'appartamento del resto non c'era nulla di mio, tranne i vestiti, e quelli erano sacrificabili.
L'aria all'esterno era già calda, ma l'orrida cappa di calura non avrebbe cominciato a formarsi che dopo qualche ora; un pensiero che comunque non mi rallegrava. Avrei voluto essere da qualsiasi altra parte, in una qualsiasi altra situazione, ma stavo come stavo e non potevo farci poi molto.
Cominciai a camminare.




[continua, boh, forse]