"Il pendolo insensibilmente va traviando dalla prima sua gita".
La frase di Galilei si formò senza motivo nella sua mente, mentre pensava ad altro. Appoggiato di sbieco a un palo, sul terrazzo, lo sguardo intento ad osservare il cielo nella notte illune. Fumava lentamente e guardava una stella di cui non sapeva assolutamente il nome (forse Canopo? Non ricordava). Sotto i suoi piedi pulsavano vari piani d’ospedale. La sigaretta moriva tra le sue dita. Sua moglie moriva di parto là sotto da qualche parte.
Provava a pensare ma non era facile. Era stato un matematico, ed anche bravo, a dispetto di un destino che l’aveva voluto semplice insegnante in quel remoto angolo di mondo. La matematica l’aveva aiutato in parecchie cose, ma non l’aveva preparato all’amore o alla morte o al coraggio. Aveva seguito una donna fin lì, e per lei ci era rimasto, ed aveva rinunciato. Ed era stato imprevedibilmente felice.
La fine ora forse si avvicinava, e di nuovo non era preparato: doveva tornare da lei, ma scoprì di non esserne capace. Gli ultimi fiocchi di cenere gli caddero sulle scarpe. Lui rimase appoggiato nel gelo della notte.
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