sabato 16 maggio 2015
domenica 3 maggio 2015
[Cinecartografia] Ho visto cose che voi umani - lettera A
Afghanistan - Come pietra paziente (2012); dramma
franco-afghano scritto e diretto da Atiq Rahimi: una donna si prende
cura del marito, ridotto in stato vegetativo da un colpo d'arma da
fuoco, mentre le narra episodi della propria vita. Tutt'attorno
impazza la guerra. Ben fatto, ma non l'ho apprezzato granché, mi è
sembrato un bel po' paraculo. Non avrò capito io, non so. // Albania
- Gjallë (2009); ancora un dramma, per la regia di Artan
Minarolli. Gjallë (“Vivo”
in albanese, credo) è la storia del giovane Koli, studente
universitario la cui vita viene sconvolta dal ripresentarsi di un
passato che ignorava, una faida mai sopita con una famiglia rivale
nella campagna da cui proviene. Koli vive da tempo a Tirana, è
distante dalla mentalità rurale dei soui padri, ma non può far
nulla per evitare di essere coinvolto. Un buon film, piuttosto
critico sull'arretratezza di certi costumi e su certi problemi
dell'Albania moderna. // Algeria - Viva Laldjérie
(2004); non sembra poi così diversa l'Algeria da una certa Europa:
anche qui maschi sposati dalle vite rispettabili mentono alle amanti,
o si ritirano con le prostitute in alberghi a ore. Tre donne vivono
l'insoddisfazione delle proprie vite in una Algeri scostante e
indifferente, verso chissà quale futuro. Carino (e davvero bella la
Azabal). // Andorra - No pronunciarás el nombre de Dios en
vano (1999); bislacchissimo cortometraggio di mezz'ora
proveniente dal piccolo principato: siamo in un futuro prossimo (cosa
solo dichiarata, perché di ambienti e cose futuristiche non si vede
nulla), e un importantissimo malvivente si trova a dover affrontare
un tizio che dice di essere il nuovo figlio di Dio e gli sta
rovinando gli affari. Pochissima azione e tanta gente che parla
urlando, tutto è buio e claustrofobico, qualcuno muore e volendo si
ridacchia anche. Anche carino, ma come lo si vede lo si dimentica. //
Angola - Na cidade vazia (2004); il dodicenne N'Dala,
originario del centro dell'Angola e rimasto orfano per via della
guerra, viene portato a Luanda da delle missionarie; lui però vuole
tornare a casa, così scappa, finendo però solo per perdersi nella
capitale. Stringerà alcune amicizie e riuscirà a sopravvivere, ma
la nostalgia non lo abbandona mai. Triste ritratto, attraverso
l'infanzia, della precarietà in cui versa l'Angola. Bel film. //
Antigua e Barbuda - Hooked (2009?); eh, boh, non è che i film
antiguani crescano sugli alberi; questo è l'unico che sono riuscito
a procurare (uno che sembrava molto più promettente, Working
girl, purtroppo è irreperibile). Non me lo ricordo neanche più,
c'è una che molla il suo ragazzo -mi pare- perché si rimette col
suo ex appena uscito di prigione, poi lei uccide quest'ultimo e fa
ricadere la colpa sul primo, boh, non so, comunque fa cagare. E
attori cani. // Arabia Saudita - La bicicletta verde
(2012); il titolo originale è Wadjda, che è anche il nome
della ragazzina protagonista, ma il fatto che questo film abbia un
titolo italiano indica che ha trovato, fortunatamente, distribuzione
ufficiale nel nostro paese. Wadjda è una intraprendente bambina di
dieci anni che sogna di poter comprare una certa bicicletta su cui ha
messo gli occhi; nel suo paese però le donne non possono andare in
bici. Questa è solo una delle regole che la bambina non comprende e
contesta a ogni piè sospinto, finendo continuamente con lo
scontrarsi con la tradizionalissima preside della sua scuola. Il
finale a suo modo è aperto. Film che fa piuttosto riflettere sulla
vita in Arabia, forse un po' paraculo, ma molto apprezzabile. Davvero
brava la piccola protagonista. // Argentina - Garage Olimpo
(1999); produzione italo-argentina che racconta la triste vicenda
della guerra sporca attraverso la strana relazione di una
rivoluzionaria diciottenne, imprigionata in un luogo di detenzione e
tortura camuffato da autorimessa (da cui il titolo), e uno dei suoi
aguzzini, innamoratosi di lei. Bechis, il regista, non indugia sul
macabro ma crea lo stesso un film raggelante, crudo, “sporco”.
Impossibile non restare inquieti davanti allo svelgersi degli eventi
e alla banalità del male. Da vedere. // Armenia - Il
colore del melograno (1968); Sergei Parajanov “traduce” in
immagini la vita e la poesia di Sayat Nova, poeta armeno del '700.
Sembra Buñuel sotto LSD. Non è
roba per tutti. No Ma proprio no. // Australia - Gli anni spezzati
(1981); uno dei primissimi film con Mel Gibson (allora
venticinquenne), è la storia di due ragazzi australiani che
diventano amici e partono per la Prima Guerra Mondiale. È una gran
bella storia di amicizia imperniata su un dramma di guerra assai ben
girato (del resto il regista è Peter Weir).Vedetevelo. // Austria
- Funny games (1997); due ragazzi entrano nella casa di una
famiglia in vacanza (padre, madre, figlioletto) e li torturano. Film
di culto che a me è sempre parsa una stronzata galattica, ma
probabilmente sbaglio io. Amen. // Azerbaigian - Faryad
(1993); durante la guerra del Nagorno-Karabakh un soldato azero viene
catturato dagli armeni, torturato e trattenuto come ostaggio in
attesa di poter essere scambiato con un prigioniero armeno. Film
girato da azeri per azeri (e per i loro sodali turchi,
eventualmente), ad uso e consumo interno. Gli armeni che dovessero
vederlo difficilmente resisterebbero alla tentazione di dare fuoco al
cinema o al televisore. Per i non azeri e i non armeni resta un
prodotto fondamentalmente piccolo, un film di guerra senza scene di
guerra e smaccatamente populistico (gli armeni sono le peggio merde
della galassia e gli azeri gente tranquilla e che non farebbe male a
una mosca, robe così). In giro c'è di peggio, ma soprattutto c'è
di MOLTO meglio.
[Cinecartografia] Ho visto cose che voi umani - intro
La metterò giù nel modo più noioso e prolisso possibile.
Circa due anni fa avevo accarezzato un'idea un po' malsana: provare a leggere almeno un libro per ogni nazione della Terra, ovvero almeno un libro di almeno un autore proveniente da ogni nazione. Un'idea affatto originale, come supponevo all'epoca e come ebbi prestissimo modo di verificare, ma non è questo il punto. Limando un po' le indicazioni del diritto internazionale -e della mia personale visione del mondo- ero giunto a contare 202 nazioni (un po' più di quelle effettivamente considerate dall'ONU).
Fanno 202 libri. Tanti.
Ok, non così tanti (al momento dell'inizio dell'"impresa" ne avevo già letti di più nella mia trentaduennale esistenza), ma comunque non una passeggiata. Al momento in cui scrivo il progetto procede in modo abbastanza zoppicante (sono a 106 nazioni barando, probabilmente una settantina non barando), ma comunque procede.
A corollario dell'impresa mi misi quasi subito a replicare l'impresa anche sul piano cinematografico e quello musicale. Non mi addentro nello spiegare quest'ultimo (il più facile dei tre, tanto che al momento è "provvisoriamente" terminato), ma quello cinematografico rappresenta il nocciolo di questo intervento e di quelli che seguiranno e lo vado pertanto ad approfondire.
I nostri cinema rappresentano una geografia parziale. È facilissimo imbattersi in film italiani, statunitensi, inglesi, francesi; un po' meno facile ma comunque non impossibile in cose tedesche o spagnole, o in generale altre produzioni “occidentali”. Il Giappone ormai è una presenza abbastanza riconoscibile sui nostri grandi schermi, e Bollywood non sbancherà i botteghini ma ormai è merce esportabile. Ma oltre a questo? Su 200 paesi bene o male la distribuzione ne lascia passare il 10% (e di questo 10% gran parte si becca solo le briciole). Gli altri? Quanti film africani o sudamericani capita di vedere programmati? Non molti mi pare. Eppure quasi ogni nazione ha una cinematografia, per quanto piccola; possibile che siano tutti film così insignificanti da non meritare una chance? Non è che invece ci stiamo perdendo un film che magari è bellissimo ma ha la sola “colpa” di essere stato fatto in Burkina Faso?
Queste sono le domande da ozioso perdigiorno che mi sono fatto. Ho cercato una risposta. Ho cercato almeno un film per ogni nazione. Ci sono riuscito, e allo stesso tempo ho fallito. Seguirà la cronaca di questo fallimento.
Ultime due cose prima di cominciare. Uno, i film sono raggruppati per lettera iniziale del paese di provenienza. Due, non mi dilungo troppo sul come stabilisco a quale paese appartiene un film, un dettaglio non sempre ovvio: nei casi dubbi ne discuterò brevemente al momento opportuno. Tre, non tutte le nazioni hanno prodotto qualcosa. Tre e mezzo, per alcune nazioni la ricerca è stata purtroppo infruttuosa nonostante esistesse almeno un film. Quest'ultimo punto è quello che mi ha spinto a parlare di fallimento. Me ne scuso. Io comunque ce l'ho messa tutta.
Circa due anni fa avevo accarezzato un'idea un po' malsana: provare a leggere almeno un libro per ogni nazione della Terra, ovvero almeno un libro di almeno un autore proveniente da ogni nazione. Un'idea affatto originale, come supponevo all'epoca e come ebbi prestissimo modo di verificare, ma non è questo il punto. Limando un po' le indicazioni del diritto internazionale -e della mia personale visione del mondo- ero giunto a contare 202 nazioni (un po' più di quelle effettivamente considerate dall'ONU).
Fanno 202 libri. Tanti.
Ok, non così tanti (al momento dell'inizio dell'"impresa" ne avevo già letti di più nella mia trentaduennale esistenza), ma comunque non una passeggiata. Al momento in cui scrivo il progetto procede in modo abbastanza zoppicante (sono a 106 nazioni barando, probabilmente una settantina non barando), ma comunque procede.
A corollario dell'impresa mi misi quasi subito a replicare l'impresa anche sul piano cinematografico e quello musicale. Non mi addentro nello spiegare quest'ultimo (il più facile dei tre, tanto che al momento è "provvisoriamente" terminato), ma quello cinematografico rappresenta il nocciolo di questo intervento e di quelli che seguiranno e lo vado pertanto ad approfondire.
I nostri cinema rappresentano una geografia parziale. È facilissimo imbattersi in film italiani, statunitensi, inglesi, francesi; un po' meno facile ma comunque non impossibile in cose tedesche o spagnole, o in generale altre produzioni “occidentali”. Il Giappone ormai è una presenza abbastanza riconoscibile sui nostri grandi schermi, e Bollywood non sbancherà i botteghini ma ormai è merce esportabile. Ma oltre a questo? Su 200 paesi bene o male la distribuzione ne lascia passare il 10% (e di questo 10% gran parte si becca solo le briciole). Gli altri? Quanti film africani o sudamericani capita di vedere programmati? Non molti mi pare. Eppure quasi ogni nazione ha una cinematografia, per quanto piccola; possibile che siano tutti film così insignificanti da non meritare una chance? Non è che invece ci stiamo perdendo un film che magari è bellissimo ma ha la sola “colpa” di essere stato fatto in Burkina Faso?
Queste sono le domande da ozioso perdigiorno che mi sono fatto. Ho cercato una risposta. Ho cercato almeno un film per ogni nazione. Ci sono riuscito, e allo stesso tempo ho fallito. Seguirà la cronaca di questo fallimento.
Ultime due cose prima di cominciare. Uno, i film sono raggruppati per lettera iniziale del paese di provenienza. Due, non mi dilungo troppo sul come stabilisco a quale paese appartiene un film, un dettaglio non sempre ovvio: nei casi dubbi ne discuterò brevemente al momento opportuno. Tre, non tutte le nazioni hanno prodotto qualcosa. Tre e mezzo, per alcune nazioni la ricerca è stata purtroppo infruttuosa nonostante esistesse almeno un film. Quest'ultimo punto è quello che mi ha spinto a parlare di fallimento. Me ne scuso. Io comunque ce l'ho messa tutta.
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