giovedì 28 agosto 2014

Awful learner

Scrissi il mio primo racconto in quarta elementare. Avevo quindi circa 10 anni ed era suppergiù il 1991. Un manoscritto compilato su un quaderno a righe, con la mia pessima calligrafia che avrebbe reso il testo perlopiù indecifrabile ai meno allenati. Era un racconto breve e brutto sospeso tra fantasy e fantascienza, in cui uno scienziato vedeva la propria ombra prendere vita ed andarsene per i fatti propri fino ad una resa dei conti finale. Ho dimenticato i dettagli, ricordo in compenso che la copertina del quaderno aveva uno spesso bordo rosso con brevi righe verticali nere; nel centro c'era la foto di un'astronauta, ma su questo sono meno sicuro. Vai a capire la memoria.
Mi sarebbe piaciuto guadagnarmi da vivere come scrittore. Una delle pochissime cose di cui mi possa vantare è di aver avuto sempre buoni voti nei temi scolastici, dalle elementari alle superiori, anche quando gli istruttori non mi avevano in simpatia o quando erano molto in gamba e quindi molto esigenti. Il progetto di guadagnare affiancando lettere non si è mai avverato per molti e buoni motivi. Amen.
Dopo il racconto dell'ombra scrissi sicuramente altre cose, ma non le ricordo. L'atto meccanico dello scrivere era una pena. Non ho mai amato fare l'amanuense, oltretutto ho sempre avuto una calligrafia scandalosa che scoraggiava me per primo quando vedevo le mie idee trasposte su carta. Non avevo un computer, tabù imposto da mio padre. Costretto da mia sorella, iscrittasi all'università, nel 1996 fu però obbligato a cedere alla modernità di una macchina da scrivere.
Che usai quasi esclusivamente io. Producendo tonnellate di immondizia scaturita dall'improvvisa libertà di movimento che mi ritrovavo ad avere. Alberi innocenti tramutati in fogli costretti ad ospitare degradanti contenuti oscenamente derivativi rispetto al mio grande amore letterario dell'adolescenza, Stefano Benni. Quando andava bene. Quando andava male, prosopopee surreali talora degne di un Marinetti fluivano copiose. Nei cinque anni di attività la povera Olivetti dovette martellare scempiaggini che una parte di me vorrebbe oggi ripudiare. Fu un bel periodo, come potrei negarlo?
Qualcosa di quel materiale andò perso, ma non ho mai avuto cuore di separarmi definitivamente delle cose peggiori. Sacrificai alla causa un raccoglitore nero e svariate carpette innocenti, apponendo un titolo che un ventenne scimunito poteva pure trovare simpatico, scritto a mano con pennarello nero su un nastro isolante bianco trafugato dal magazzino del padre (ben gli sta). Il tutto riposto in un comodino lontano da sguardi indiscreti, compresi i miei.

Oggi è rispuntato dall'Ade. Chi se lo ricordava più?.

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