domenica 25 maggio 2014

Il tifo ai tempi degli Ayatollah

Che squadre si tifano in Iran? Offside, film di Jafar Panahi del 2006, pone qualche dubbio.




lunedì 5 maggio 2014

Roma vista da dietro

giovedìunomaggio
Se vieni da un paesino di cinquemila abitanti che millanta una "vocazione turistica" costruita su qualche centinaio di camperisti tedeschi e olandesi annui, Roma può rappresentare uno shock significativo. I primi impatti sono notevoli: la stazione Termini potrebbe contenere agevolmente tutti i tuoi compaesani; la metropolitana proprio no, ma ci prova lo stesso. Ma è soprattutto la città stessa ad essere assurdamente sovradimensionata.


Lo so, sono un provincialotto del cazzo, ma non ne avevo mai vista una.

La quantità di figa che si aggira per la capitale è impressionante. Una teenager all'incirca diciassettenne di bellezza assurda, solfeggiante sul suo smartofono e appoggiata ad un'arcata nella metro con un'espressione di viva noia sul volto, è stato il primo esemplare fuori parametro che abbia intravisto. Ne sono seguiti altri. Il primo maggio è la data del mefitico concertone, così girare distanti da San Giovanni in Laterano è stata una scelta obbligata. Depositati i fagotti nel b&b, ce ne siamo andati lieti per di su e per di giù in modo del tutto casuale: Piazza del Popolo, Piazza di Spagna, Via del Corso, Quirinale, Piazza San Pietro, Altare della patria, Fori romani. Senza piantina ci si perde da qualche parte. La madre chiede a un commerciante dove stia la Fontana di Trevi: “L''hanno spostata, signora”. 'azz.

venerdìduemaggio
Si penserebbe che un gruppetto di scalzacani che decide di partire per una quattrogiorni a Roma con due mesi di anticipo si organizzi per bene prima di partire. E invece ci si alza il due maggio e ci si fissa come per dire “e mo'?”. Non lontano da dove stiamo, dalle parti di Cipro-non-l'-isola-ma-la-stazione-metro, c'è la chiesa dove presi messa oltre sette anni fa. Impiego tre giorni a riconoscerla, ma è lei. Pensa un po' com'è piccola Roma.
 

I tetti di Roma ospitano ampi vivai di antenne

Scartati i Musei Vaticani per eccesso di fila -errore per certi versi tragico-, muoviamo verso la piazzetta del Vaticano altresì nota come San Pietro. Non vedremo mai la cupola (perché la madre gradisce poco i gradini, o meglio le fattezze delle pareti ai loro lati) e ci limiteremo al pianterreno: la basilica non ha praticamente fila e la si può girare a piacimento. Ci sono statuette e croste qua e là, e tombe nel seminterrato. Poi visitiamo San Paolo fuori le mura, che catalizza un inatteso miracolo: il sottoscritto e il padre che mangiano nel vicino McDonald. La ributtante scorpacciata ci bendispone verso la successiva scarpinata fino alle Fosse Ardeatine e alle Catacombe sotto un cielo costantemente minaccioso. Il rientro è in tram fino al Laterano, e tornati sui piedi passeggiamo fino al Colosseo, che sembra disti cento metri e invece dopo dieci minuti è ancora lontano (cosa dicevo più su sulle distanze? Tutto è così grande che sembra più vicino).


Sono quasi convinto

Ceniamo dalle parti di Piazza Navona. Dietro richiesta di mia sorella, un cameriere napoletano ci illustra la sua visione di Campo dei Fiori: “Ci trovi solo donnine di plastica che mostrano i loro corpi decadenti già a vent'anni”. Bene. Via della conciliazione di sera: è illuminata.

sabatotremaggio
I Musei Vaticani richiedono una discreta resistenza fisica e psicologica. L'arrivo dei cinque valtenesini è colpevolmente ritardato, cosicché solo all'alba delle ore 8.30 ci infiliamo in fondo a una fila che non fa presagire nulla di buono e sotto una pioggia che occuperà quasi metà dell'attesa. Un gruppo di simpaticissimi ed attempati signori belgi (sponda fiamminga) fornisce materiale di intrattenimento: è una classe di studenti di italiano (i più avanti stanno al quinto anno) che onestamente parlano meglio di tanti connazionali. Uno di loro è un grandissimo fan di Celentano. Certa gente sta male, e questi tipi lo dimostrano.


ǝuɐʇılodoɹʇǝɯ ıuoızɐɔıpuı

L'opossum, la sorella e il cognato fuggono dopo quasi quattro ore per procacciare cibo, dato che siamo quasi preda di crisi mistiche. I Musei ci accolgono infine alle 13.00 e ci risputano alle 17.00 circa. Le gambe urlano, prendiamo un caffè vicino alla fermata Ottaviano; qui facciamo l'incontro più interessante del tour. Il gestore del microscopico cinema (d'essai, nientemeno) di fronte al quale siamo seduti ci riconosce come bresciani e comincia a spiegarci di come sia bresciano anche lui (”sono nato la prima volta a Brescia nel '38, sputato su un tavolo di marmo in via Solferino”). Ci invita a visitare il suo cinema e ci illustra la sua filosofia di vita*. Viene distratto da alcuni clienti e mio malgrado decidiamo di tagliare poco educatamente la corda (del resto il tempo è già diventato poco), perdendo temo un'occasione interessante. Il cinema si chiama Azzurro Scipioti, in via Scipioti. Scoprirò solo a sera, su internet, di aver parlato con Silvano Agosti, poeta e regista con una discreta fama nel campo del cinema sperimentale. Mai visto nessun suo film comunque, almeno per ora.
Di sera, cenando a Trastevere, seduta dietro di noi notiamo una coppia; lui pare quel tipo che sta con la famosa puttana argentina di Canale 5, dai che avete capito, lei invece sembra Emma Marrone tra quindici anni vestita come Emma Marrone dieci anni fa. Un barattolo di lacca a testa. È solo un esempio fra tanti. Lo so, niente di che, ma cose simili non le vediamo ancora così spesso qui.

* la filosofia di Agosti si basa su quattro punti fondamentali. Non ricordo come li enunciò esattamente, comunque più o meno: 
1. Non lavorare mai più di tre ore al giorno. 
2. Non umiliare mai una donna facendola diventare mia moglie.  
3. Non pensare mai che esita qualcosa chiamato “Stato” e tantomeno che possa fare qualcosa per me. 
4. Non fare mai nulla che non abbia veramente voglia di fare. 

(sostanzialmente approvo; sono però contento che mio padre non abbia avuto un attacco di cuore fatale).
 
domenicaquattromaggio
Il clou della gita ovviamente è Bergoglio, figura eburnea e paterna che ci saluta dall'alto. Abbiamo posti in prima fila, l'attesa dura stavolta solo due ore e venti e accanto invece che belgi italofoni abbiamo una coppia di autentici bergamaschi della Val Seriana. Gira che ti rigira, in mezzo al Vaticano multietnico (con forte predilezione soprattutto per il ceppo mongolo), ti becchi sempre un vicino di casa o giù di lì.


La foto purtroppo è venuta incomprensibile, ma le criptiche indicazioni
del filobus per Trastevere garantivano che ci stavamo dirigendo
a èè$32$£4++**14*Z>> o qualcosa del genere

Bergoglio augura buongiorno, buona domenica e buon pranzo, la folla va in visibilio (che manco i famigerati sorcini). Dopo il discorso la ressa espatria verso l'Italia e decidiamo di fermarci un istante subito dopo aver varcato il confine internazionale (lì vicino una circa ventenne telefona febbrilmente ai suoi amici dispersi chissà dove; la osservo per interi minuti: è molto carina, elegante, sobria (aria fresca dopo tre giorni di tamarraggine -per quanto spesso scopabilissima-), poche tette ma piuttosto tonica, non strafiga ma di decisa e quieta bellezza, l'avrei volentieri accolta io).
Stazione Termini secondo estratto, su Roma cala il sipario. È una città di incalcolabile fascino, ma, dopotutto, il Garda mi manca.