martedì 23 dicembre 2014

Non avere più scuse

Edimburgo suona come una parola aliena, saporita, fugace, ansiosa. Vista da fuori è una città come tutte le altre città, sfocate diapositive bidimensionali che puoi osservare su internet mentre sorseggi qualcosa in santa pace e ti dici "Sì, beh, 'nzomma? Queste sono solo foto". Dicono ci sia vento "ma quello c'è anche a Catanzaro". Ma Catanzaro non è in Scozia (vantaggio: Edimburgo), anche se ha due mari mentre Edimuburgo uno solo (vantaggio: Catanzaro). Edimburgo in inglese si dice Edinburgh, col gruppo nb che in italiano è vietato e già questo dovrebbe insospettire ogni visitatore. L'Edimburgo di Connery e Scott, della Manson e di Welsh. Lo stemma turrito, le ore di buio, quieta Edimburgo, sconosciuta Edimburgo. Edimburgo che raccoglie i sogni dell'opossum incerto e le sue fughe provvisorie da un domani vacuo.

domenica 21 dicembre 2014

Queste storie che non


Correva l'anno 199qualcosa -avrò avuto sui 15 anni, toh- quando mi capitò di vedere su Italia7 buona parte di un film inquietantissimo, una sorta di horror che descriverò più avanti. Non riuscii a vederlo tutto e mi rimase per un paio di lustri la curiosità di sapere che film fosse e come andasse a finire. Fu solo nel 2007 che, abbastanza casualmente, scoprii titolo e natura del "coso". Trattavasi di un episodio di una serie nota -in Italia- come L'ora del mistero; prodotta nel 1984 dall'inglese Hammer Film Productions, storica casa di produzione nota attorno a metà secolo per i suoi celeberrimi horror gotici, la serie si intitolava originariamente Hammer House of Mystery and Suspense, ed era composta da 13 episodi, importati da noi dalla Rai e da questa trasmessi al termine degli anni '80. La serie finì poi nel circuito delle TV locali: fu qui che vidi quello che finalmente scoprii chiamarsi Un gioco da bambini (Child's play), ovvero il film di cui parlavo all'inizio.

Un uomo, una donna e una bambina di circa cinque anni si trovano in una casa: trattasi della famiglia Preston, una famiglia assolutamente normale, e la casa è la loro, e pure questa è assolutamente normale. Epperò un giorno i tre si svegliano e scoprono di non poter più uscire di casa: davanti a tutte le porte e tutte le finestre è comparso uno strano muro completamente indistruttibile. Ogni tentativo di abbatterlo è inutile, anche schiantarci contro l'auto non serve. Scavare un tunnel che passi sotto il pavimento è altrettanto vano: il muro è anche sotto la casa. Fa sempre più caldo e uno strano blob cola nella cucina. Cosa sta succedendo a casa Preston? Per settanta minuti la famigliola cercherà di scoprirlo senza approdare a nulla, e man mano che il tempo passa il terrore per il proprio fato si fa strada nelle loro coscienze.

Oso svelare il finale di un misconosciuto film vecchio di trent'anni? Vada per. I tre Preston (tra cui c'è la bella attrice Mary Crosby, nota principalmente per aver interpretato la donna che sparò a J.R. Ewing... se non sapete di che parlo, beati voi), i Preston -dicevo- non sono altro che tre bamboline in una casa di bambole, appartenente a una bambina del futuro. Il blob è una caramella sciolta che la bambina vera aveva lasciato sulla casa. Tutto qua, tre fantocci rinchiusi nella loro esistenza di fantocci.

Nella mia patetica esperienza di esploratore urbano punto un giorno ad entrare in una casa che in effetti ho già esplorato una ventina d'anni fa, quando aveva già alle spalle qualche anno d'abbandono. Questa casa venne poi ristrutturata e riabitata, ma oggi è di nuovo orfana. Difficile dire se e come entrare. Tutte le volte che ci passo davanti, comunque, per qualche strano processo mentale non posso fare a meno di pensare a Child's play e sentirmi un po' inquieto guardandola, come se nascondesse chissà quale segreta, e malvagia, natura. Chi può dire se anche la realtà non possieda una quarta parete?



domenica 7 dicembre 2014

Cose che capitano

<<
Ho visto sempre Opo come una sorta di essere mitologico.
Senza offesa.
>>

- Rot Teufel, spammer vichingio.

martedì 2 dicembre 2014

A loucura

Sul comodino accanto a lei, nel buio, giaceva un lungo coltello da macellaio, che nelle ore di luce affilava e lucidava con cadenza ossessiva. Il tenerlo sempre vicino era un’abitudine che aveva preso da anni, ma non l’aveva mai usato. La notte la trascorreva quasi tutta sveglia, con gli occhi sbarrati e i tendini tesi, le orecchie bene aperte, le ossa pronte a scattare verso l’arma. Il silenzio e il buio per compagni, seduta nel letto fissava il vuoto per ore, in attese sempre vane di un pericolo che forse non sarebbe arrivato mai. Aspettava. Solo con l’apparire dei primi bagliori dell’alba sentiva venir meno ogni forza, e crollava in breve sonno gravido d’incubi, mentre già cresceva in lei il timore della prossima notte.

su ldcds

mercoledì 19 novembre 2014

News.tin.it e il panettone che non mangerà

Notizia apparsa pochi giorni fa su vari NG in lingua italiana:

...Telecom ha recentemente comunicato che il suo newsserver news.tin.it
(e i suoi vari alias, come news.virgilio.it) chiuderà a breve:

"...informiamo che l'accesso ai Newsgroup tramite il Server
news.tin.it non sarà più disponibile a partire dal prossimo 15
dicembre".

A oggi, circa il 40% dell'utenza Usenet italiana accede ai newsgroup
tramite il server suddetto...


Già dal periodo dell'inquietante disservizio dello scorso inverno mi ero rifugiato su Aioe, tuttavia la notizia resta spiacevole. Usenet è già ingiustamente in difficoltà, non merita di queste beffe. Che dire, tireremo avanti finché potremo, anche se da oggi (cioè, dal 15 dicembre) avremo un'arma in meno. Buonanotte news.tin.it, dolce principe :(

lunedì 27 ottobre 2014

Ambiguo diniego

Gira in TV in questi giorni una pubblicità di un grosso fornitore italiano di servizi, dove si vede un'immagine con un -a mio umilissimo e distorto parere- simpaticissimo sottotesto involontario.



Le mani delle due figure si avvicinano... ma perché si tocchino (un positivo segno di apertura) il cancello deve chiudersi (un negativo segno di esclusione). Due simbolismi che fanno a cazzotti, con quello sbagliato che vince ai punti. O forse sono io che mi sto definitavamente rincoglionendo? Oh, beh, stanotte dormirò comunque.

domenica 12 ottobre 2014

L'empireo

Nell’anno del Signore millenovecentonovantasette, in un dì di un nevoso gennaio, Albrecht abbandonò l’impronta della sua consueta passeggiata spingendosi lungo versanti sconosciuti, lasciando che le sue preoccupazioni esistenziali lo guidassero verso l’oblio. Camminò pieno di dubbi per quarti d’ora o decenni interi, finché quasi per caso lo sguardo tornò ad abbracciare il mondo reale. La serata era cattiva, l’aria scura lambita dalla tramontana; e quella che dopotutto era un semplice casualità -la sua presenza su quella collina in un giorno di ordinario maltempo- si rivelò ad Albrecht come un atto irrevocabile: la pelle mangiata del vento e i piedi immersi nella neve, si rese conto che non sarebbe più riuscito a tornare indietro.


su ldcds

Il Corno d'Africa contro il riscaldamento globale

La nazionale di bandy della Somalia.






Tutto vero: https://www.facebook.com/SomaliaBandy2014

giovedì 28 agosto 2014

Awful learner

Scrissi il mio primo racconto in quarta elementare. Avevo quindi circa 10 anni ed era suppergiù il 1991. Un manoscritto compilato su un quaderno a righe, con la mia pessima calligrafia che avrebbe reso il testo perlopiù indecifrabile ai meno allenati. Era un racconto breve e brutto sospeso tra fantasy e fantascienza, in cui uno scienziato vedeva la propria ombra prendere vita ed andarsene per i fatti propri fino ad una resa dei conti finale. Ho dimenticato i dettagli, ricordo in compenso che la copertina del quaderno aveva uno spesso bordo rosso con brevi righe verticali nere; nel centro c'era la foto di un'astronauta, ma su questo sono meno sicuro. Vai a capire la memoria.
Mi sarebbe piaciuto guadagnarmi da vivere come scrittore. Una delle pochissime cose di cui mi possa vantare è di aver avuto sempre buoni voti nei temi scolastici, dalle elementari alle superiori, anche quando gli istruttori non mi avevano in simpatia o quando erano molto in gamba e quindi molto esigenti. Il progetto di guadagnare affiancando lettere non si è mai avverato per molti e buoni motivi. Amen.
Dopo il racconto dell'ombra scrissi sicuramente altre cose, ma non le ricordo. L'atto meccanico dello scrivere era una pena. Non ho mai amato fare l'amanuense, oltretutto ho sempre avuto una calligrafia scandalosa che scoraggiava me per primo quando vedevo le mie idee trasposte su carta. Non avevo un computer, tabù imposto da mio padre. Costretto da mia sorella, iscrittasi all'università, nel 1996 fu però obbligato a cedere alla modernità di una macchina da scrivere.
Che usai quasi esclusivamente io. Producendo tonnellate di immondizia scaturita dall'improvvisa libertà di movimento che mi ritrovavo ad avere. Alberi innocenti tramutati in fogli costretti ad ospitare degradanti contenuti oscenamente derivativi rispetto al mio grande amore letterario dell'adolescenza, Stefano Benni. Quando andava bene. Quando andava male, prosopopee surreali talora degne di un Marinetti fluivano copiose. Nei cinque anni di attività la povera Olivetti dovette martellare scempiaggini che una parte di me vorrebbe oggi ripudiare. Fu un bel periodo, come potrei negarlo?
Qualcosa di quel materiale andò perso, ma non ho mai avuto cuore di separarmi definitivamente delle cose peggiori. Sacrificai alla causa un raccoglitore nero e svariate carpette innocenti, apponendo un titolo che un ventenne scimunito poteva pure trovare simpatico, scritto a mano con pennarello nero su un nastro isolante bianco trafugato dal magazzino del padre (ben gli sta). Il tutto riposto in un comodino lontano da sguardi indiscreti, compresi i miei.

Oggi è rispuntato dall'Ade. Chi se lo ricordava più?.

domenica 10 agosto 2014

I bagnanti

Li odio.

sabato 5 luglio 2014

domenica 25 maggio 2014

Il tifo ai tempi degli Ayatollah

Che squadre si tifano in Iran? Offside, film di Jafar Panahi del 2006, pone qualche dubbio.




lunedì 5 maggio 2014

Roma vista da dietro

giovedìunomaggio
Se vieni da un paesino di cinquemila abitanti che millanta una "vocazione turistica" costruita su qualche centinaio di camperisti tedeschi e olandesi annui, Roma può rappresentare uno shock significativo. I primi impatti sono notevoli: la stazione Termini potrebbe contenere agevolmente tutti i tuoi compaesani; la metropolitana proprio no, ma ci prova lo stesso. Ma è soprattutto la città stessa ad essere assurdamente sovradimensionata.


Lo so, sono un provincialotto del cazzo, ma non ne avevo mai vista una.

La quantità di figa che si aggira per la capitale è impressionante. Una teenager all'incirca diciassettenne di bellezza assurda, solfeggiante sul suo smartofono e appoggiata ad un'arcata nella metro con un'espressione di viva noia sul volto, è stato il primo esemplare fuori parametro che abbia intravisto. Ne sono seguiti altri. Il primo maggio è la data del mefitico concertone, così girare distanti da San Giovanni in Laterano è stata una scelta obbligata. Depositati i fagotti nel b&b, ce ne siamo andati lieti per di su e per di giù in modo del tutto casuale: Piazza del Popolo, Piazza di Spagna, Via del Corso, Quirinale, Piazza San Pietro, Altare della patria, Fori romani. Senza piantina ci si perde da qualche parte. La madre chiede a un commerciante dove stia la Fontana di Trevi: “L''hanno spostata, signora”. 'azz.

venerdìduemaggio
Si penserebbe che un gruppetto di scalzacani che decide di partire per una quattrogiorni a Roma con due mesi di anticipo si organizzi per bene prima di partire. E invece ci si alza il due maggio e ci si fissa come per dire “e mo'?”. Non lontano da dove stiamo, dalle parti di Cipro-non-l'-isola-ma-la-stazione-metro, c'è la chiesa dove presi messa oltre sette anni fa. Impiego tre giorni a riconoscerla, ma è lei. Pensa un po' com'è piccola Roma.
 

I tetti di Roma ospitano ampi vivai di antenne

Scartati i Musei Vaticani per eccesso di fila -errore per certi versi tragico-, muoviamo verso la piazzetta del Vaticano altresì nota come San Pietro. Non vedremo mai la cupola (perché la madre gradisce poco i gradini, o meglio le fattezze delle pareti ai loro lati) e ci limiteremo al pianterreno: la basilica non ha praticamente fila e la si può girare a piacimento. Ci sono statuette e croste qua e là, e tombe nel seminterrato. Poi visitiamo San Paolo fuori le mura, che catalizza un inatteso miracolo: il sottoscritto e il padre che mangiano nel vicino McDonald. La ributtante scorpacciata ci bendispone verso la successiva scarpinata fino alle Fosse Ardeatine e alle Catacombe sotto un cielo costantemente minaccioso. Il rientro è in tram fino al Laterano, e tornati sui piedi passeggiamo fino al Colosseo, che sembra disti cento metri e invece dopo dieci minuti è ancora lontano (cosa dicevo più su sulle distanze? Tutto è così grande che sembra più vicino).


Sono quasi convinto

Ceniamo dalle parti di Piazza Navona. Dietro richiesta di mia sorella, un cameriere napoletano ci illustra la sua visione di Campo dei Fiori: “Ci trovi solo donnine di plastica che mostrano i loro corpi decadenti già a vent'anni”. Bene. Via della conciliazione di sera: è illuminata.

sabatotremaggio
I Musei Vaticani richiedono una discreta resistenza fisica e psicologica. L'arrivo dei cinque valtenesini è colpevolmente ritardato, cosicché solo all'alba delle ore 8.30 ci infiliamo in fondo a una fila che non fa presagire nulla di buono e sotto una pioggia che occuperà quasi metà dell'attesa. Un gruppo di simpaticissimi ed attempati signori belgi (sponda fiamminga) fornisce materiale di intrattenimento: è una classe di studenti di italiano (i più avanti stanno al quinto anno) che onestamente parlano meglio di tanti connazionali. Uno di loro è un grandissimo fan di Celentano. Certa gente sta male, e questi tipi lo dimostrano.


ǝuɐʇılodoɹʇǝɯ ıuoızɐɔıpuı

L'opossum, la sorella e il cognato fuggono dopo quasi quattro ore per procacciare cibo, dato che siamo quasi preda di crisi mistiche. I Musei ci accolgono infine alle 13.00 e ci risputano alle 17.00 circa. Le gambe urlano, prendiamo un caffè vicino alla fermata Ottaviano; qui facciamo l'incontro più interessante del tour. Il gestore del microscopico cinema (d'essai, nientemeno) di fronte al quale siamo seduti ci riconosce come bresciani e comincia a spiegarci di come sia bresciano anche lui (”sono nato la prima volta a Brescia nel '38, sputato su un tavolo di marmo in via Solferino”). Ci invita a visitare il suo cinema e ci illustra la sua filosofia di vita*. Viene distratto da alcuni clienti e mio malgrado decidiamo di tagliare poco educatamente la corda (del resto il tempo è già diventato poco), perdendo temo un'occasione interessante. Il cinema si chiama Azzurro Scipioti, in via Scipioti. Scoprirò solo a sera, su internet, di aver parlato con Silvano Agosti, poeta e regista con una discreta fama nel campo del cinema sperimentale. Mai visto nessun suo film comunque, almeno per ora.
Di sera, cenando a Trastevere, seduta dietro di noi notiamo una coppia; lui pare quel tipo che sta con la famosa puttana argentina di Canale 5, dai che avete capito, lei invece sembra Emma Marrone tra quindici anni vestita come Emma Marrone dieci anni fa. Un barattolo di lacca a testa. È solo un esempio fra tanti. Lo so, niente di che, ma cose simili non le vediamo ancora così spesso qui.

* la filosofia di Agosti si basa su quattro punti fondamentali. Non ricordo come li enunciò esattamente, comunque più o meno: 
1. Non lavorare mai più di tre ore al giorno. 
2. Non umiliare mai una donna facendola diventare mia moglie.  
3. Non pensare mai che esita qualcosa chiamato “Stato” e tantomeno che possa fare qualcosa per me. 
4. Non fare mai nulla che non abbia veramente voglia di fare. 

(sostanzialmente approvo; sono però contento che mio padre non abbia avuto un attacco di cuore fatale).
 
domenicaquattromaggio
Il clou della gita ovviamente è Bergoglio, figura eburnea e paterna che ci saluta dall'alto. Abbiamo posti in prima fila, l'attesa dura stavolta solo due ore e venti e accanto invece che belgi italofoni abbiamo una coppia di autentici bergamaschi della Val Seriana. Gira che ti rigira, in mezzo al Vaticano multietnico (con forte predilezione soprattutto per il ceppo mongolo), ti becchi sempre un vicino di casa o giù di lì.


La foto purtroppo è venuta incomprensibile, ma le criptiche indicazioni
del filobus per Trastevere garantivano che ci stavamo dirigendo
a èè$32$£4++**14*Z>> o qualcosa del genere

Bergoglio augura buongiorno, buona domenica e buon pranzo, la folla va in visibilio (che manco i famigerati sorcini). Dopo il discorso la ressa espatria verso l'Italia e decidiamo di fermarci un istante subito dopo aver varcato il confine internazionale (lì vicino una circa ventenne telefona febbrilmente ai suoi amici dispersi chissà dove; la osservo per interi minuti: è molto carina, elegante, sobria (aria fresca dopo tre giorni di tamarraggine -per quanto spesso scopabilissima-), poche tette ma piuttosto tonica, non strafiga ma di decisa e quieta bellezza, l'avrei volentieri accolta io).
Stazione Termini secondo estratto, su Roma cala il sipario. È una città di incalcolabile fascino, ma, dopotutto, il Garda mi manca.

lunedì 28 aprile 2014

L'arbitro (Paolo Zucca, 2009/2013)





Nel 2009 il cagliaritano Paolo Zucca gira un curiosissimo cortometraggio che in quindici minuti scarsi concentra spericolatamente un gran numero di eterogenee suggestioni: stereotipi bucolici in generale e sardi in particolare si fondono con estetica dadaista, richiami a Ciprì e Maresco (tra cui il b/n è forse la caratteristica meno marcata), echi di Osvaldo Soriano e cupi riferimenti biblici, il tutto su un substrato costituito dal sempiterno gioco del futbol (o meglio, di quello che passa per tale nelle estreme periferie del dilettantismo). Nel corto -che merita almeno una visione, quantomeno in premio all'originalità- un arbitro corrotto (Luca Pusceddu) retrocede per punizione dalle stelle dell'UEFA alle stalle della terza categoria, dove finisce ad arbitrare una partita tra due squadre che è in realtà somatizzazione di una faida tra borgate; nel frattempo proprio in uno dei due team si consuma il dramma di due pastori che -anche se compagni di squadra- sono a loro volta in guerra tra loro.

Il corto è apprezzatissimo (fa incetta di premi anche all'estero) e nel 2013 Zucca lo dilata fino all'ora e mezza riempiendolo anche con nomi di spicco (Accorsi -che prende il posto di Pusceddu-, Pannofino, Di Clemente, la Cucciari, Messeri). La storia raccontata nel corto viene rigirata in modo praticamente identico e diventa il finale, così che tutti i settantacinque minuti precedenti servono nei fatti a costruire una cornice un po' più corposa alla partita. L'arbitro assume così una personalità più dettagliata, la faida tra i paesi assume un respiro più ampio e molto spazio viene dato a personaggi singolari e spesso inediti rispetto al corto (il bomber Matzutzi che torna dall'argentina, il coach cieco dell'Atletico Pabarile e la di lui figlia, il fetentissimo arbitro Mureno).

Divertente, piuttosto insolito e molto ben girato, con un b/n splendido. Gli appassionati di Osvaldo Soriano non mancheranno di notare un esplicito riferimento al grandioso racconto Il rigore più lungo del mondo. Alcuni dialoghi sono purtroppo in sardo e non si capisce un cazzo, ma sono solo due o tre e comunque il senso generale del discorso è comprensibile.

domenica 20 aprile 2014

Il senso del sacro

Belarmino andava a messa due volte l’anno: a Pasqua e a Natale. Riconosceva che non ci fosse nulla di particolarmente originale nella cosa, ma la consapevolezza di essere in numerosa compagnia lo confortava. La banalità degli eventi non si fermava qui: in conformità agli usi e costumi della maggioranza dei suoi civili correligionari (correligionari?) sbuffava di noia al pensiero del rito già dalla sera precedente, si alzava tardi al mattino, sbuffava nuovamente, si vestiva con la più elegante sobrietà possibile e si recava in chiesa in tempo per la più affollata delle due funzioni mattutine – che, per sua fortuna, era quella più tarda. O forse non si trattava di fortuna. Forse la maggioranza dei suoi civili correligionari amava dormire fino a tardi.
- Senza forse. Ricordati di santificare le feste, ma solo quando il sole è già ben alto. Se è vero che il sole è l’occhio di Dio, non vale la pena di cominciare a darci da fare quando ancora è troppo basso per vederci bene.
L’edificante sofisma non proveniva dalla sua coscienza, come si sarebbe potuto supporre, ma era un’elaborazione di un suo ciarliero compare di bevute dei tempi del liceo, ormai impolverata da qualche quinquennio. Belarmino accettò la spiegazione come valida, per quel tanto che poteva fregargli.
- A catechismo dovevi essere una specie di primo della classe.
- Mah, in genere frequentavo poco. In curiosa coincidenza con le lezioni mi capitava spesso di soffrire di inspiegabili ed abbondanti epistassi. La maestra divenne sospettosa e alla fine fui costretto a confessarle che avevo le stimmate nei seni paranasali. Non fu particolarmente colpita.

Pasqua era in genere meglio di Natale per una valida, anzi decisiva ragione: il clima. Perché non c’era nessuna lontana parvenza di profondità spirituale nei cento minuti annuali che Belarmino dedicava a nostro Signore: a lui, che era in fondo un uomo semplice, interessava unicamente la figa. Da tempo aveva intuito come le chiese, nei due giorni di punta, ne celassero un quantitativo non indifferente. Folgorato ancor giovane sulla via di Damasco, si dedicava ormai da anni a quella piacevole caccia, che tanta soddisfazione gli dava.
Pasqua era il periodo migliore. La primavera era tiepida, qualche volta -se la festa cadeva alta- addirittura calda. Le gonne si accorciavano, le giacche si aprivano. Belarmino si infilava in un altare laterale e con gli occhi accarezzava, col massimo della discrezione possibile, i volti le gambe i culi le tette più invitanti. Il popolo di Dio faceva del suo meglio per non mostrarsi economicamente pezzente al resto del branco, e le femmine -specie le più giovani, Iddio le benedica- si inguainavano volentieri in tacchi alti e magliette chiare.
Belarmino non aveva fretta: soppesava con calma i pro e i contro di ogni capo di bestiame, godendo del sottile senso di blasfemia che emergeva ogni volta. Statisticamente in genere era durante la predica, mentre tentava di indovinare quale fosse la faccia più annoiata (ardua tenzone), che trovava la sua Beatrice di turno. Allora si rilassava e attendeva in grazia la fine della funzione. Fra poco, sul sagrato, avrebbe avvicinato la vittima e cominciato a prepararla per consentirgli di entrare al più presto in comunione con la sua personale divinità triangolare.
Era un vero devoto, lui.


su ldcds

martedì 15 aprile 2014

L'amore ai tempi delle foglie morte

Ieri notte, già disteso, faticavo a prendere sonno. Dicono che non si dovrebbe andare a dormire prima di avere molto sonno, non farebbe bene (?) stare a letto svegli, ma insomma è andata così. Mentre stavo lì senza costrutto, evitando di contare pecore, mi è tornato in mente un fatto capitato ormai più di quindici anni fa. Ero in quarta o quinta superiore (1998~2000), stavo in un corridoio del caro vecchio istituto Camillo Golgi (in quel di Brescia, come qualcuno sa) nell'ora di ricreazione, perdendo tempo coi miei pari. Mi si avvicinò un drappello di giovini ambasciatrici che non conoscevo (non ricordo quante, credo un paio o due) e una mi disse che una loro compagna mi voleva conoscere. Risposi “no grazie” e tagliai la corda.

Non ripensavo all'evento da una rispettabile quantità di anni. Personalmente, propendo molto per l'idea che mi si stesse giocando uno scherzo; non capivo allora, e capisco ancor meno ora, i motivi per cui avrei dovuto apparire interessante agli occhi di una qualsivoglia sconosciuta. Chissà se questa fantomatica ragazza esisteva davvero, e in tal caso chissà cosa avrà pensato nel vedermi schizzare a velocità warp verso altri corridoi. Le avrò spezzato il cuore? Che deliberata crudeltà da parte mia! Ma è più probabile che si sia resa conto di quale ineguagliabile testa di cazzo sia il sottoscritto e abbia tirato un sospiro di sollievo nel capire il madornale errore che stava facendo.

Il caso in assoluto più inverosimile: se avessi detto “Sì, presentatemela” avrei potuto trovare l'amore e la conseguente felicità. Fantascienza al quadrato. Lo ammetto: non ho veri rimorsi, ma un po' di curiosità sugli eventi mi è rimasta. Per cui: se all'ascolto c'è una ragazza che a fine anni '90 frequentava il Golgi, in una classe (non so quale) nell'ultimo corridoio al piano inferiore, e questa ragazza riconosce questa triste storia (magari perché è una delle ambasciatrici, o addirittura la fantomatica infelice delusa) e sa qualcosa, mi scriva pure due righe. Sarò riconoscente.

lunedì 24 marzo 2014

Bassa fedeltà

Franco era nato al tramonto del 1975, e dovette accettare quello che ne conseguiva, ovvero l'affrontare la propria crescita e maturazione attraversando l'orrida cornice degli anni ottanta. Refrattario alle mode chiassose e multicolori, trovò un proprio equilibrio dedicandosi anima e corpo alle tecnologie di quei tempi, perché incapace di provare vero amore per i corpi viventi con cui interagiva. Faticava a capacitarsi di quanto avanzasse rapida l'obsolescenza degli amati oggetti inanimati. Accolse con cupa rassegnazione gli anni duemila, assistendo all'oblio di tutto quello che gli era sempre stato amico: le musicassette, i videoregistratori, la televisione analogica; sapeva che il suo tempo si avvicinava alla fine, la morte dei vecchi compagni a bassa fedeltà scandiva le ultime ore del mondo che aveva abitato. Il momento cruciale che aspettava arrivò infine quando, in un anonimo febbraio, si ruppe il suo ultimo monitor a tubo catodico; lo schermo si ostinava a non mostrare altro che il suo impalpabile riflesso. Per la prima volta in vita sua si mise a piangere.

Dell'oggettività

Maschi che si fanno le seghe sull'attore che interpretava Ermione nei film di Harry Potter mi accusano di essere gay.

Sono perplesso.

sabato 1 marzo 2014

L’astrazione dei treni

L’astrazione dei treni [primo tratto]

- Permette?
= Se deve.
- Le metropolitane mi rendono nervoso. Tutte queste tonnellate di terra sopra di me. Ma non posso camminare per chilometri, le pare?
= Mi pare.
Ci sono almeno una decina di posti liberi, proprio accanto a me ti dovevi sedere, vecchio? Fottiti.
- E allora mi siedo vicino alla prima faccia che mi ispira fiducia e la martirizzo.
“La martirizzo” è il mio eufemismo per “gli fracasso le gonadi”, che a sua volta è la mia traduzione di “ci faccio quattro chiacchiere”. Che è quello che il vecchio ha effettivamente detto.
= Onorato di avere una faccia che le ispira fiducia.
- Lei è simpatico.
= Come può dirlo? Ci conosciamo da trenta secondi scarsi.
- Oh, non sia modesto.
Questo sarà il più lungo viaggio in metro della mia vita.


L’astrazione dei treni [secondo tratto]

- Non credo di averla mai vista qui, il suo viso mi è nuovo.
= Ho fatto un lifting l’altro ieri.
- Sul serio?
= …no. È che non sono di queste parti, è solo la seconda volta che prendo questa metro.
- Oh, divertente. E le piace?
Grazie a lei, in questo momento preferirei stare dal dentista. O dal proctologo. O entrambi.
= Grazie a lei, in questo momento è molto meglio di un giro sulle montagne russe.
- E le cose miglioreranno.
Come no.
- Perché sa che fermata è la prossima?
= Beh, è il centro citt...
… O. Mio. Dio.


L’astrazione dei treni [terzo tratto]

Sabato pomeriggio, ai margini del centro città: significa torme di studenti e soprattutto studentESSE pericolosamente adolescenti che si spostano verso le zone più chic. Com’è che non l’ho capito subito?
- È il massimo per un vecchio pedo infoiato come me.
Ovviamente non ha detto questo. Non ho la minima idea di cosa abbia detto realmente, io ho registrato solo quello che intendeva realmente dire.
= Capisco perfettamente la situazione, sì.
- Lei approva queste mode nei vestiti d’oggigiorno, così parche di tessuto? Io sì.
= Mentirei se dicessi di no.
Me ne rendo conto, del resto. Il vecchio ha una strana luce felice negli occhi. Ha riconosciuto un simile? Bravo coglione, mi dico.
- Mi dica, che lavoro fa?
“Sono nella buoncostume”. Sarebbe una bella risposta.


L’astrazione dei treni [ultimo tratto]

= Sono uno scrittore.
rispondo invece.
- Interessante. Uno di quelli famosi?
= No, uno di quelli falliti.
- L’avevo detto che lei era simpatico.
= Sì, l’avevo sentito la prima volta.
Ma non sente l’ultima frase. Il suo sguardo è già concentrato sulla giovane carne malamente coperta attorno a noi. D’un tratto non ne posso più. Sono a cinque fermate dalla destinazione ma CHISSENFREGA. Raccatto le mie cose.
- Scende già?
= È forse anche troppo tardi.
- Mi spiace rinunciare alla sua compagnia. Se aspetta e scende con me fra un paio di fermate, le posso far conoscere un bell’angolo nel parco...
E che, non lo sapevo?
= Lei è un individuo raccapricciante. Sono lieto di aver fatto la sua conoscenza, mi creda.
E alzo, con estrema gioia, il culo dal sedile.



su ldcds

domenica 19 gennaio 2014

Poi succedeva che tutti se ne andavano

<<
Tutte le cose in cui sono entrato, dopo un po' che entravo chiudevano!... È per questo che ho paura delle cose che evaporano... Io entravo in un circolo politico... dopo un po' chiudeva. Entravo in un circolo macrobiotico... dopo un po' chiudeva. Entravo in un partito politico... e dopo un po' chiudeva.

>>

- Paolo Rossi

Brødermord


venerdì 17 gennaio 2014

Grab your dick and double-click




E meno male che questo non è un bleurg porno...

martedì 7 gennaio 2014