lunedì 13 febbraio 2012

Sassi

"Il pendolo insensibilmente va traviando dalla prima sua gita".
La frase di Galilei si formò senza motivo nella sua mente, mentre pensava ad altro. Appoggiato di sbieco a un palo, sul terrazzo, lo sguardo intento ad osservare il cielo nella notte illune. Fumava lentamente e guardava una stella di cui non sapeva assolutamente il nome (forse Canopo? Non ricordava). Sotto i suoi piedi pulsavano vari piani d’ospedale. La sigaretta moriva tra le sue dita. Sua moglie moriva di parto là sotto da qualche parte.
Provava a pensare ma non era facile. Era stato un matematico, ed anche bravo, a dispetto di un destino che l’aveva voluto semplice insegnante in quel remoto angolo di mondo. La matematica l’aveva aiutato in parecchie cose, ma non l’aveva preparato all’amore o alla morte o al coraggio. Aveva seguito una donna fin lì, e per lei ci era rimasto, ed aveva rinunciato. Ed era stato imprevedibilmente felice.
La fine ora forse si avvicinava, e di nuovo non era preparato: doveva tornare da lei, ma scoprì di non esserne capace. Gli ultimi fiocchi di cenere gli caddero sulle scarpe. Lui rimase appoggiato nel gelo della notte.

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