domenica 5 dicembre 2010

Cyanotic Uxor

Tamburellava nervosamente con le lunghe unghie sul bordo del bicchiere, ancora per buona parte pieno di quel delizioso distillato, soprappensiero. Dava le spalle alla grande finestra dove il sole non era più così alto, e vedeva la propria ombra allungarsi davanti e sè sul tavolo.
Suo marito, e soprattutto la sua terribile presenza, era lontano. Già da tre giorni poteva godere di una mai troppo desiderata libertà -anche se breve- nel proprio letto, nella propria dimora e perfino, come non riusciva a nascondersi, nella propria vita. Il matrimonio fino a quel momento non era stato quella tragedia che aveva temuto sin da primi istanti, ma nemmeno un vero idillio: dietro i modi comunque cortesi, suo marito celava a malapena qualcosa (cosa? non sapeva spiegarselo) di sinistro; il suo passato era poco chiaro, lui non ne parlava praticamente mai; e il suo tremendo aspetto fisico non giocava a suo favore.
Più inquietante ancora -smise di tormentare il povero bicchiere e si voltò alla luce del tardo pomeriggio- la raccomandazione di non entrare in quella stanza che sapeva. Cosa c'era la dentro? (Nulla che tu debba sapere). Ma. (Niente ma. Mi hai sentito? Non entrare). (Quella volta l'aveva spaventata sul serio). La proibizione all'ingresso della stanza le era stata ricordata al momento della partenza di lui, e all'improvviso sembrava esser diventata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso della sua ansia repressa. Era lacerata da tensioni contrastanti, scoprire il contenuto della stanza e subire la sua ira o lasciar perdere il rischio e tenersi la curiosità. Col dubbio poteva probabilmente convivere, con la rabbia di quell'uomo... non poteva giurarci. Lui avrebbe anche potuto arrivare a ripudiarla, e così sarebbe finita male pure per la sua famiglia, che lasciandola andare in sposa a un uomo così facoltoso aveva risolto parecchi problemi.
Ma guardando il panorama che lentamente si arrossava, si rese conto che più affastellava ragioni a favore della cautela più il suo desiderio di sapere cresceva. Come da una specie di coscienza nera si sentiva trascinata a penetrare il segreto. Chiuse gli occhi, fece un profondo respiro e lasciò che il castello della sua prudenza crollasse. Un brivido la scosse. Con uno scatto si voltò, afferrò le chiavi che giacevano sul tavolo e con i nervi a fior di pelle si diresse verso la porta proibita.

4 commenti:

  1. Salomanuel

    cioè, smettila di giocare allo sceneggiatore di lost, scrivi la cazzo di fine

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  2. "Sceneggiatore di lost" lo devo prendere come un insulto? :X
    Eppoi la fine di Ulbabrab/Barbablu (che è comunque nota, sicchè non ci devi perdere il sonno) non ho particolare interesse a riscriverla. Non al momento almeno. Potrei magari decidere di prenderla in mano se ci fosse acclamazione popolare. Via al televoto.

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  3. Ecco l'acclamazione popolare: e poi? e poi? e poi?
    Non puoi lasciarci così in sospeso... secondo me lei apre e dentro c'è lui che le dice: "cazzo, ti avevo detto di non aprire!"...

    Pablo

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  4. > Ecco l'acclamazione popolare: e poi? e poi? e poi?

    Ecco, rispuntano gli spilungoni dall'oltrespazio (oh, ciao!) e pretendono di dettare legge. Eh no, io pretendo di più.

    > Non puoi lasciarci così in sospeso... secondo me lei apre e dentro
    > c'è lui che le dice: "cazzo, ti avevo detto di non aprire!"...

    MA LA SCRIVO IO O LA SCRIVI TU? NON MI FARE INALBERARE, EH!

    Quando è che ci si ribecca?

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