mercoledì 31 dicembre 2008

I porno dove non si scopa sono una forma d'arte poco capita

Interno giorno; appartamento. L'attrice è la classica bonazza da film porno americano. Lunghi capelli fluenti, tette quinta misura, siliconate. Siliconate male. Ma non importa. E' nuda e siede sul letto sola, un vibratore acceso in una mano. Lo sguardo fisso avanti a sè, un'espressione smarrita dipinta sul volto.
Si apre l'ingresso, entra lui. Vestito come potrebbe essere vestito uno che fa un importante lavoro dirigenziale in un qualche ufficio tipo megacompagnia di assicurazioni: doppiopetto grigio, scarpe nere lucide, camicia chiara a righine sottili. Il tutto nasconde una muscolatura virile e lascia indovinare la presenza di un pene. Un pene che si intusce smisurato. Un pene che fa provincia.
Non ha l'aria di uno che vuole consumare. Cioè, magari una bistecca sì, ma il sesso no.
Porn groove in sottofondo.
I due si fissano.
Passano i minuti. L'espressione di lei è sempre più confusa e triste; le spalle di lui si abbassano con un movimento imprecettibile ma inarrestabile, fino a che si lascia crollare esausto sulla sedia vicino all'ingresso. La ventiquattrore gli scivola di mano.
Gli sguardi si abbassano sul pavimento. Il vibratore è ancora acceso. Lo spettatore non sa leggere nel pensiero, non può vedere come lei si interroga sul neoplatonismo e lui sui recenti sviluppi nella criogenia applicata. Anche perchè i due non ci stanno affatto pensando.
- Ti va di...?
- No
[pronunciatori intercambiabili].
La telecamera indugia a riprendere gli ultimi frammenti di frasi rimasti in aria, poi si schianta per terra e si rompe. Nero. Si sentono per alcuni istanti gemiti che sembrano provenire da un orgasmo, invece è un match femminile dell'Australian Open.

Titoli di coda.




















- Oh, il film faceva cagare, ma hai visto lei che tette?

sabato 22 novembre 2008

L'arco iridato dell'attrazione gravitazionale

Diciamo che state a casa a guardare il TG quando scoprite che USA/Russia/Cina/cazziemazzi hanno dichiarato una guerra nucleare e mentre sentite questa notizia i missili sono già in aria.
Come spendete l'ultima mezz'ora di vita prima che i missili colpiscano?
(Galf506, forum)


Spengo la TV. Mezz'ora. Non basta per fare alcunchè. Restare calmo e pensare lucidamente è impossibile, l'ansia già permea i vasi sanguigni e impedisce la normale circolazione. E se mi venisse un infarto proprio ora? Pensa l'ironia della sorte.
Chiamo il prete con l'intenzione di lavarmi l'anima, già intuendo quello che effettivamente avverà: suona occupato. Le linee sono anzi intasate. Ma per cosa poi: L'ultima volta che mi sono confessato l'Unione Sovietica esisteva ancora, quando mai riuscirò a espiare tutti i miei peccati ed espletare le relative penitenze? "Quante volte figliolo?" "Mah, padre, saranno sulle cinquemila, forse cinquemilacinquecento". No, decisamente non è una buona idea. E tutto questo mi ha fatto perdere quasi quattro minuti.
Se già con trenta minuti non riesco a fare nulla, figuriamoci con ventisei. Il telefono è sempre lì, chiamare qualcuno continua a sembrare l'opzione più semplice. Più pratica. Più immediata. Non che possa servire a qualcosa -giusto dare un ultimo saluto-, tantopiù che provo a fare due o tre numeri e sono tutti occupati. Ovvio, stanno tutti provando a chiamare un prete.
Altro tempo perso, i secondi scorrono veloci, sento già i fischi dei missili avvicinarsi ma è solo l'effetto del sangue che scorre nelle orecchie. La vita mi scorre davanti agli occhi e devo dire che è stata abbastanza pietosa. Posso migliorarla in qualche modo in questi ultimi milleduecento secondi? No. Ma mi consolo, peggiorarla è altrettanto impossibile. Riaccendo la tele, appare mediaset, e mi rendo quindi conto che le certezze possono crollare nel giro di una sola frase; non si smette mai di imparare, nemmeno un attimo prima di lasciarci le penne. Per curiosità giro su Studio Aperto, e vedo che stanno trasmettendo uno speciale in cui cercano di spiegarmi quanto dolorosamente morirò. Noblesse oblige.
Quindici minuti sono passati e li ho letteralmente gettati nella pattumiera. Qualcosa mi dice che nei successivi quindici le cose andranno anche peggio. Da qualche parte nel mondo le prime testate sono sicuramente già cadute, e il problema dell'esplosione demografica comincia già parzialmente a risolversi (il bicchiere mezzo pieno. Sempre). Ormai è veramente troppo tardi per fare qualsiasi cosa, persino sprecare il tempo diventa tecnicamente impossibile quando ce n'è così poco. Esco a respirare la fresca aria della sera novembrina, che in realtà è un ventaccio minaccioso, guardo in su e vedo le stelle. Non ne ho mai imparato i nomi, l'unico asterismo che so riconoscere è il Grande Carro; guardo un po' se -putacaso- è apparsa la Stella della Morte, ma pare di no. Sento le urla di qualche vicino. Rompicazzo fino all'ultimo, ma fra poco sarete pure voi all'inferno, la fine del mondo qualche lato positivo ce l'ha.
Nove minuti. Ci siamo. Sarebbe ora di cominciare a farsi prendere dal panico, ma per qualche motivo non ci riesco, non mi rendo ancora conto che sto per morire. Persino le scariche di adrenalina e l'ansia se ne sono andate. Mi siedo sotto al pino, vi appoggio la schiena. Sono già quasi semicongelato, ma non importa, fra poco avrò pure troppo caldo. Chiudo gli occhi per far scorrere il tempo più lentamente. Come le V2 tedesche, i missili non si lasceranno sentire. Con gli occhi chiusi non li vedrò arrivare. La morte mi coglierà impreparato.

giovedì 20 novembre 2008

Il criopeto

Nettuno è l'ultimo pianeta del sistema solare. L'ha deciso il congresso internazionale degli astronomi, definendo le caratteristiche che un corpo celeste deve possedere per essere classificato come pianeta -ci hanno messo solo qualche millennio, ma avevano le loro buone ragioni- e stabilendo che Plutone ("un enorme ghiacciolo di scoregge", Luttazzi docet) non risponde ai requisiti.
Tutto questo in realtà è successo due anni fa, ma le normali fonti di informazioni non hanno calcato troppo la mano sulla notizia.
Wikipedia ci svela che un pianeta è un corpo celeste che è in orbita intorno al Sole, è più o meno sferico ed ha ripulito le vicinanze intorno alla sua orbita (non chiedetemi cosa significhi nei dettagli quest'ultima cosa). Se un corpo celeste obbedisce ai primi due punti e non al terzo potrebbe essere un satellite, ma se non ruota attorno a un pianeta non è nemmeno un satellite: si è quindi stabilito di considerare tali casi particolari in modo del tutto nuovo: introducendo la categoria dei pianeti nani. Poichè Plutone non ha ripulito la sua orbita, è un dwarf planet. Chissà come ci soffre, poveretto.

Dal 1931, anno della scoperta di Pluto, la conoscenza dell'immensamente lontano ha fatto grandi passi avanti ed è diventato anacronistico legarsi a vecchi schemi e concetti. Di corpi sostanzialmente simili a lui -una cricca eterogenea di candidati al ruolo ormai fittizio di "decimo pianeta"- ne sono stati trovati a bizzeffe, e alcuni sono anche più grandi (di pochissimo, ma lo sono): Eris, Makemake, Qoarar, Haumea, e tanti altri, perlopiù ancora privi di nome. Tra questi, 2003 VB12. Per gli amici, Sedna.
Sedna è il più distante corpo celeste conosciuto orbitante attorno al sole: ha il perielio a 76 UA. Ovvero 76 volte la distanza Terra-Sole (1 UA = 149 milioni di km. Il tuo intestino tenue ne misura 0,006. Questo è un simpatico paragone del cazzo). Quando Sedna è alla minima distanza dalla nostra stella, dista da esso il doppio della distanza media di Plutone dallo stesso Sole. Per fare un paragone, se la distanza Terra-Sole fosse di un chilometro, Plutone disterebbe dal Sole mediamente 39 km (come il Garda da Brescia, più o meno), Sedna appunto 76 (diciamo che è circa la larghezza della provincia di Brescia nel punto più largo). Quando è vicino, perchè quando è all'afelio dista dal Sole più o meno come Brescia dista da Bari (850 km, o -fuor di metafora- 850 UA). L'orbita di Sedna è fortemente eccentrica, e quella minuscola caccola distante da noi -quando va bene- un miliardo di chilometri, impiega oltre 12000 anni a fare la sua rivoluzione. Tra il suo ultimo perielio e quello attuale (perchè, botta di culo, Sedna ora ci è praticamente dentro) il genere umano ha avuto tutto il tempo di uscire dal mesolitico e arrivare fino alle centrali nucleari di quarta generazione. Con comodo.
Il cosmo è interessante, ma ammetto che la sua inconcepibile vastità mi terrorizza.


In chiusura, un'ultima notizia scioccante: sapevate che Plutone ha tre satelliti?

domenica 12 ottobre 2008

Quale non fu la nostra sorpresa quando trovammo una batteria d'auto abbandonata accanto al cancellino al numero 70

Venti anni fa via Pace era la via più desolata di Manerba. Non tanto d'estate - quando era pregna di chiassose comitive teutoniche, nederlandesi o similari - quanto d'inverno. Il rigidissimo mite inverno basso gardesano.
Via Pace è l'ultimo anfratto asfaltato della Pieve dopo aver svoltato per via Giuseppe Verdi. Via G.V. si interrompe a un certo punto, a ridosso del lago, gira su se stessa e torna indietro (un po' come a Venezia, dopo che avete attraversato il Ponte della Libertà e arrivate a Piazzale Roma). A destra c'è un minigolf. Nascosta dietro il minigolf, via Pace.
Via Pace, come dice il nome, costeggiava, e costeggia tuttora, duecento metri circa di riva gardesana, circa 70 metri all'interno. Non sbuca da nessuna parte, interrompendosi contro un cancello che venti anni fa era bianco e che oggi forse, chissà, potrebbe pure essere giallo. Non sono sicuro che fosse bianco all'epoca. Magari è bianco oggi ed era giallo allora. Dietro quel cancello c'era un residence, perchè via Pace era, ed è, in sostanza questo: un breve sfilare di residence composti da piccoli appartamenti e piccoli garage, popolati da tedeschi d'estate e d'aria stantia d'inverno. Questi edifici, che hanno qualche decina di anni, sono l'unica separazione tra la ghiaiosa riva lacustre e la via Pace propriamente detta, una striscia d'asfalto larga a malapena quanto un SUV.
Questa via ha oggi perso tutto il suo fascino, perchè oggi veramente non ci sono che residence da quattro soldi e i loro garage. Ma ieri, venti anni fa, quando la cortina di ferro era ancora integra, via Pace d'inverno era un luogo da cartolina infernale. Ci abitavano sì e no una mezza dozzina di custodi con famiglia (una delle quali la ricordo bene), il lago di gennaio si rivelava una cornice di una tristezza sconfinata (i pontili, Dio mio, cosa non parevano i pontili d'inverno), e soprattutto la via era deserta e pareva Belgrado dopo un bombardamento. C'era un edificio bellissimo, che mi dicevano essere un ex-supermercato, abbandonato dagli anni '70 e mezzo crollato (oggi non c'è più, c'è un piazzale con dei garage); dietro, alcuni buchi per auto (cit.) pressochè inutilizzati con le erbacce nel selciato. C'erano un sacco di altre bellissime brutture.
Ci sono passato di nuovo l'altro giorno. Ok, non è inverno, ma è comunque bassa stagione. Ma ora è tutto dannatamente terzo millennio, via Pace è stata in gran parte restaurata; è ancora squallida ma di un certo qual triste squallore moderno. Non c'è più quella sincera aria di decadenza secondomondistica.
Via Pace faceva schifo, e mi piaceva. Adesso fa schifo tout court. Vaffanculo.