giovedì 17 maggio 2007

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La vasta distesa grigia della città si stendeva davanti ai miei occhi assonnati dalla vetrata dell'ascensore, aggrappato al 124° piano con una tela di ragno (o un cordone d'acciaio, chissà) e intento nella sua rapida e quieta discesa. Ore 6 del mattino - 5:59, stando al cellulare -, un sonno denso e maligno addosso, la luce dell'alba tutto attorno e io che me ne andavo per sempre da casa. Senza bagaglio, se non quello che indossavo e le poche cose in tasca; nell'appartamento del resto non c'era nulla di mio, tranne i vestiti, e quelli erano sacrificabili.
L'aria all'esterno era già calda, ma l'orrida cappa di calura non avrebbe cominciato a formarsi che dopo qualche ora; un pensiero che comunque non mi rallegrava. Avrei voluto essere da qualsiasi altra parte, in una qualsiasi altra situazione, ma stavo come stavo e non potevo farci poi molto.
Cominciai a camminare.




[continua, boh, forse]

4 commenti:

  1. il tuo racconto si sposa benissimo con il mio stato d'animo..Oggi m'hanno dato la bella notizia che non mi fanno il contratto al lavoro e che dal mese prox sarò felicemt a casa..Ho voglia di addormentarmi e non pensare +a niente..Con affetto Dany.Ps:Continua a scrivere..mi piace sempre leggere i tuoi racconti..61grande!!

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  2. Ahia, che brutta storia. Mi spiace molto, ma onestamente sono fiducioso che non resterai con le mani in mano a lungo ;) Al limite posso sempre continuare a devastarmi le caviglie e darti lavoro io.

    Un abbraccio.

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  3. Che tesorone che 6..

    Come mai ieri mancavi all'appello??

    Oggi mentre riordinavo la camera pensavo che sarebbe bello scrivere una specie di racconto..dove ognuno mette un pezzo..tu che ne pensi?

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  4. Ieri avevo un altro impegno.

    La tua idea non è male, bisogna vedere però come si sviluppa. Ho visto un altro paio di tentativi di fare una cosa del genere crollati miseramente a picco, occorre costanza. Però tentare sarebbe interessante.

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